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Gsa Udine, Micalich minacciato di morte. Pedone: questo non è sport

La società bianconera ha diffuso un comunicato in merito agli episodi di cronaca che hanno visto il coinvolgimento dell'amministratore delegato friulano

Redazione

Rasenta la follia la vicenda che ha visto coinvolto l'amministratore delegato e general manager della Gsa Udine Davide Micalich, raccontata quest'oggi dal Messaggero Veneto. Il dirigente bianconero ha raccontato di essere stato minacciato di morte otto giorni fa con una pistola (priva di tappo rosso) dal presidente della Virtus Feletto Roberto Caruso per il diniego far disputare una gara di Under 20 a Ousmane Diop. La pistola è stata sequestrata dalla Squadra Mobile della Questura di Udine durante una perquisizione disposta dalla Procura della Repubblica del capoluogo friulano. Il reato ipotizzato nell’inchiesta è tentativo di estorsione aggravata.

Questo il comunicato diffuso nel pomeriggio dalla società bianconera a firma del presidente Alessandro Pedone: "Dopo quanto accaduto e riportato oggi dal Messaggero Veneto, sento il dovere di intervenire ufficialmente sulla vicenda che ha coinvolto la mia società sportiva e, nello specifico, il mio amministratore delegato dott. Davide Micalich, trattenuto contro la propria volontà per mezzora e minacciato con un’arma (giocattolo?) da Roberto Caruso, presidente dell’ASD Virtus Feletto. Tutto ciò è ben lontano dallo sport!!! E’ piuttosto mercimonio di ragazzi, che qualche zelante pseudo procuratore intende fare, per di più ai nostri danni.

Quando il mio braccio destro Davide Micalich, un uomo che vive di basket, che si nutre di passione e che ce l’ha sempre messa tutta per poter permettere al nostro progetto di decollare, mi ha telefonato sconvolto, non credevo alle mie orecchie. Mi trovavo fuori città per lavoro ed ho seriamente pensato per dieci minuti, che stesse scherzando. Purtroppo non era così, quindi abbiamo messo a disposizione immediatamente l’intera organizzazione del mio Gruppo, ed in particolare lo Studio Ponti e l’avv. Paolo Gnesutta, perché venisse presentata subito denuncia. La società civile, di fronte a una violenza come quella subita da Davide, deve immediatamente rivolgersi alle forze dell’ordine, e così è stato fatto. Sono certo che la magistratura farà ampia chiarezza sull’accaduto e che il colpevole ne pagherà le pesanti conseguenze. Nelle prossime settimane verrà valutata anche una querela per la minaccia (indiretta) che anche io stesso ho subito e così farà tutto lo staff. Altresì verranno valutate le azioni da intraprendere in ordine alle responsabilità civili ed al di danno di immagine.

Non conosco personalmente, se non di vista, il signor Roberto Caruso e francamente non mi interessa conoscerlo. Con la società da lui presieduta (come con molte altre associazioni sportive) la mia squadra ha sottoscritto un accordo di collaborazione sportiva, sempre rispettato in questi due anni, al termine del quale Ousmane Diop sarà di nostra esclusiva proprietà.

Complessivamente sono centinaia i ragazzini delle società satellite di APU a cui la nostra squadra dà un aiuto, poiché da anni stiamo cercando di costruire un progetto per il futuro che parta dalle giovanili con un punto di riferimento di cui essere orgogliosi: la nostra Serie A.

A titolo personale, ritengo che, sotto il profilo morale, sia disdicevole che qualcuno possa pensare di arricchirsi sulle spalle di giovani atleti che si trovano a migliaia di chilometri da casa ed in stato di bisogno, anche emotivo, proponendosi, talvolta, addirittura come possibili sostituti di figure paterne, approfittando della loro situazione di debolezza e, forse, minandone anche la crescita.

Tutto questo non c’entra nulla con lo sport: il sottoscritto, la squadra e il gruppo GSA non intendono averci a che fare.

Detto ciò, ribadisco quanto affermato domenica dopo la bellissima performance di Diop: il ragazzo ha 17 anni, va protetto, aiutato, preservato nel proprio cammino umano e sportivo. Pertanto, proprio ieri, gli abbiamo comunicato l’intento di fare tutto ciò che è nelle nostre possibilità affinché la Famiglia (mamma e papà) quanto prima, lo raggiunga dal Senegal, per poter essergli vicina e partecipare ai suoi successi sportivi ed anche scolastici, parallelamente dando la massima disponibilità ad interloquire con le istituzioni affinché il minore abbia il meglio. Ora speriamo che le ombre di questa brutta storia si allontanino in fretta dal ragazzo che non ha alcuna colpa, se non quella di essere bravo, affinché possa esprimersi al meglio in campo e soprattutto nella vita. Un’ultima parola la voglio spendere per il mio braccio destro Davide Micalich: sei un grande Uomo, grazie. Adesso concentriamoci sul basket giocato, lasciando lavorare gli inquirenti".

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