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Zuccheri, disposta l’autopsia. Scuffet lo ricorda

E’ morto sul campo, come lo zio che ha giocato anche nell’Udinese. Il destino di Fabio Zuccheri è stato tragico, come quello della sua famiglia martoriata da episodi improvvisi e spietati. La morte del giovane portiere del Sevegliano,...

Monica Valendino

E' morto sul campo, come lo zio che ha giocato anche nell'Udinese. Il destino di Fabio Zuccheri è stato tragico, come quello della sua famiglia martoriata da episodi improvvisi e spietati.

La morte del giovane portiere del Sevegliano, accasciatosi al suolo alle 20:30 di mercoledì al primo allenamento con la sua nuova squadra, ha destato commozione in tutto il mondo del calcio.

«Lo conoscevo e sono rimasto colpito e addolorato per la morte di Fabio: ci siamo anche allenati insieme per una settimana all’Udinese quando eravamo negli allievi», ha raccontato Simone Scuffet al Messaggero Veneto. Il portiere oggi al Como, ci ha giocato assieme nelle giovanili bianconere.

Intanto proprio sul quotidiano friulano la ricostruzione della vita dello sfortunato ragazzo.

Un abbraccio, un affettuoso bacio sulla guancia e poi un saluto, purtroppo l’ultimo. «Ciao ziute, ci vediamo domani alle 14». La zia Illa è stata una delle ultime persone a vedere Fabio Zuccheri ancora in vita. Non avrebbe mai potuto immaginare che quell’abbraccio sarebbe stato l’ultimo. Nonostante la tragedia, la famiglia Zuccheri ha deciso di regalare qualcosa agli altri, anche in un momento così difficile. I genitori di Fabio hanno acconsentito all’espianto delle cornee e dei tessuti. «Qualcuno – dicono – potrà vedere il mondo che Fabio, purtroppo, non vedrà più».

Da qualche settimana, Fabio, con una lunga carriera calcistica alle spalle nonstante la giovane età, aveva trovato lavoro all’Interspar di Cervignano. Quasi ogni giorno pranzava dalla zia Illa, che abita nel capoluogo della Bassa. «Era un sole e adesso me l’hanno portato via – la zia non riesce a trattenere le lacrime – . Per me era come un secondo figlio. L’ho visto nascere. Sono stata io a fargli il primo bagnetto. Mi ha regalato vent’anni della sua vita. Aveva la testa sulle spalle, era affettuoso, generoso e sempre allegro. Non potrò più abbracciarlo e questo mi spezza il cuore».

Un  caso he a molti ricorda quello di Piermario Morosini, morto sul campo del Pescara dopo un malore. Chissà, sarà l'autopsia a dire il perché di una morte tanto atroce quanto prematura.

Non consolerà, ma forse si potrà capire meglio se c'è stata qualche mancanza.  Il pubblico ministero Andrea Gondolo, assieme al procuratore capo Antonio De Nicolo sta valutando se ci sono gli estremi per iscrivere qualcuno nel registro degli indagati.

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