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U17, Giannichedda: l’italiano fa sempre la differenza

L‘Italia U17 ha come vice tecnico Giuliano Giannichedda che da calciatore ha vestito le maglie di Udinese, Lazio e Juventus. Al Corriere dello Sport, l’ex mediano bianconero racconta che «sto studiando… mi vedo bene in un ruolo...

Monica Valendino

L'Italia U17 ha come vice tecnico Giuliano Giannichedda che da calciatore ha vestito le maglie di Udinese, Lazio e Juventus. Al Corriere dello Sport, l'ex mediano bianconero racconta che «sto studiando... mi vedo bene in un ruolo così e ora sto capendo il calcio vivendolo dall’altra parte della barricata. Prima ero selezionatore tramite il Comitato Regionale, poi ho avuto l’opportunità di entrare nel Club Italia grazie a Sacchi e a Viscidi. Nel frattempo ho fatto tutti i corsi. Il calcio è la mia vita, mi piace continuare su questa strada».

Della Nazionale è soddisfatto: «Stiamo andando bene. Ci riempie d’orgoglio essere entrati tra le prime otto d’Europa, è un premio per la squadra e per lo staff, tutti stanno facendo un grande lavoro. Ora c’è la Francia, che è favorita; ma io dico sempre che il calcio è bello anche perché quando comincia la partita sei sempre sullo 0-0... Il bello di questi ragazzi è che possono affrontare l’impegno con la spensieratezza della giovane età. E poi il gruppo è eccezionale, anche perché il nostro cammino ha puntato soprattutto sulla crescita umana e caratteriale, tramite tanti consigli, ancor prima che su quella tecnica-tattica. E quando vedi che in campo danno tutto è una soddisfazione, perché hanno capito che se ci metti il massimo potrà andar bene o male ma il tuo l’avrai sempre fatto».

Ha idee moderne, Giannichedda: «Oggi l’allenatore è il manager all’inglese, deve essere tecnico a tutto tondo. In Italia la scuola dei tecnici è sempre al top a livello tecnico-tattico, se riusciamo a fare il passo verso la figura del manager diventiamo i numeri uno al mondo. Zac? Era un grande - conferma Giannichedda - ma ho avuto anche altri grandi allenatori dai quali ho appreso tanto».

Sul calcio italiano conclude che «Stiamo sempre bene, anche se il problema è ancora lo stesso. Se i ragazzi crescono bene fino a 17 o 18 anni, poi vanno lanciati e sostenuti, non si possono aspettare i 20 perché allora saranno già grandi. Impossibile che a un certo punto nessuno punti più sui nostri. Bisognerebbe fare il contrario, perché secondo me alla fine l’italiano può fare sempre la differenza dal punto di vista dell’appartenenza».

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