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L’Udinese alla ricerca di una qualità perduta

Parlare di qualità solo come tecnica non basta nel calcio, e all'Udinese forse si è sottovalutato proprio questo aspetto.

Monica Valendino

Mentre Beppe Iachini cerca di caricare l'ambiente bianconero («Partiremo con un gruppo di ragazzi che ha già una consapevolezza: dovrà fare un campionato giusto, in controtendenza rispetto alle ultime stagioni. Vogliamo regalare soddisfazioni da subito, unendo i risultati ad un'organizzazione giusta»), l'ambiente stesso sembra abbastanza scettico verso questa Udinese.

Paròn Pozzo aveva promesso una rivoluzione, ma a cambiare davvero sono stati solo gli allenatori (4 in tre anni) e il ds Giaretta. Come se le cause di stagioni incolori (l'ultima quasi catastrofica) abbiano responsabilità oggettive conclamate in queste figure, piuttosto che nei giocatori e in chi li ha scelti. L'Udinese anche la prossima stagione non pare cambiare davvero volto: in attesa della fine del mercato, per adesso la sensazione è che si voglia dare fiducia al vecchio gruppo con i soli innesti di Angella, Hamdi, Foulquier.

Gli altri, ovvero Valdifiori, Maggio, Lasagna sono per ora da inserire nella casella 'voci'. "Prima di tutto vogliamo sfoltire la rosa. Ci sono alcune idee, ma queste potrebbero essere modificate nel corso dell’estate”, ha confermato il neo ds Bonato.

Se arrivassero i tre suddetti, almeno un piccola iniezione di italiano ci sarebbe, oltre che una discreta qualità. Ma da soli potrebbero poco se non si trovano subito motivazioni e organizzazione. Il 3-5-2 sarà ancora la base tattica, un modulo che negli ultimi anni ha lasciato più domande che certezze. Del resto, da quando se ne sono andati Basta, Inler, Asamoah, Isla e compagnia, il tasso tecnico è notevolmente calato e sposare fichi secchi e numeri non è facile per nessun tecnico.

Iachini è dipinto come uno che sa fare gruppo, e questa sarà la chiave di volta: se ce la farà la salvezza potrebbe essere facilitata, altrimenti saranno dolori. L'incognita è sempre un organico formato all'80 per cento da stranieri, con sotto gruppi che si creano inevitabilmente e ambizioni personali che vengono prima del bene comune. L'allenatore marchigiano non avrà vita semplice in una squadra così eterogenea, come non l'anno avuta i suoi predecessori che con metodi diversi hanno tentato di compattare il tutto.

In attacco sarà il primo anno effettivo senza Di Natale, colui che ha segnato il 65 per cento delle reti delle ultime 6 stagioni. Thereau e Zapata se non avranno problemi di sorta potrebbero garantire 20 gol in due, non di più sulla carta e non appaiono di certo sufficienti se non si trovano altre soluzioni derivanti dai difensori e dai centrocampisti venuti clamorosamente meno l'anno scorso.

Il bomber tanto atteso potrebbe essere Lasagna? Certamente è un giocatore di affidamento e uno che potrebbe 'esplodere', ma per ora non ha il curriculum dell'attaccante affermato, come ad esempio poteva esserlo Gabbiadini. Certamente farebbe comodo, ma Iachini a quel punto deve anche stare attento alla concorrenza interna: a Udine si accetta a fatica la panchina, lo si è visto l'anno scorso con qualche muso lungo di troppo.

In tal senso sarà determinante anche il lavoro di Bonato, neo direttore sportivo che più che di mercato (da queste parti è targato Gino Pozzo), dovrà badare soprattutto alle esigenze di uno spogliatoio complicato, come Pozzo Sr ha affermato già l'anno passato quando pensava che Colantuono potesse servire proprio  tenerlo a bada.

Il punto è che un allenatore da solo può poco: schemi e tattica sono cose che tutti conoscono bene in Italia, il punto cardine sarà dare qualità. Che non significa tecnica, ma anche spirito di gruppo, di sacrificio, rispetto della maglia, ambizione personale che si sposa con quella  generale: parlare di qualità solo come  tecnica non basta nel calcio, e a Udine forse si è sottovalutato proprio questo aspetto.

 

 

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