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Questione di mentalità (che non c’è)

La sconfitta casalinga con la Juventus, ha risollevato alcuni interrogativi in casa Udinese che non riguardano solo l'aspetto tecnico. Serviranno profonde riflessioni in vista dello scontro diretto in programma domenica a Palermo

Castellini Barbara

C'era una volta l'Udinese che contro le grandi si batteva fino all'ultima goccia di sudore, che non si faceva spaventare dal campione di turno, che riusciva a compiere imprese impossibili. Anche se il risultato non arrivava, la squadra comunque usciva tra gli applausi convinti dei propri sostenitori. Questa era l'Udinese di cui tutti (o quasi) ci siamo innamorati. Già, bei tempi.

Oggi, invece, c'è una squadra che di tenacia ne ha davvero poca... Contro le piccole (vedi Carpi) fatica a trovare le motivazioni e crolla inaspettatamente, mentre contro le grandi regge quindici minuti e poi si scioglie come neve al sole. E la domanda è sempre e solo una: perchè? Sicuramente il valore tecnico si è notevolmente abbassato, ma questo giustifica soltanto in parte l'atteggiamento irriconoscibile della formazione di Stefano Colantuono. Basti pensare alla fascia destra, per esempio: se la contendono due elementi che fino a pochi mesi fa venivano considerati tra i più interessanti della Serie A, Edenilson e Silvan Widmer e oggi, invece, il rendimento complessivo di entrambi non arriva alla sufficienza. Qualcosa si è inceppato, nessuno riesce a dare il meglio. Anche Orestis Karnezis che dall'inizio della passata stagione ha sempre meritato ampi consensi è "caduto" contro la Juventus. Un episodio emblematico del momento che stanno passando i friulani. Onore e merito, certo, alla formazione di Massimiliano Allegri, ma l'Udinese poco ha fatto per evitare che i piemontesi raccogliessero proprio a Udine la decima vittoria consecutiva.

Così come già era accaduto, tra le mura amiche, con Milan e Inter. Si tratta di tre ko che, seppur diversi, hanno un comune denominatore: la mancanza di mentalità. Se poi vogliamo aggiungere un'aggravante... perdere in quel modo nel giorno dell'apertura della Friuli Dacia Arena davanti al presidente della Figc Carlo Tavecchio e con i riflettori della Serie A puntati addosso, è stato un autogol clamoroso. E certamente "indigesto" in particolare a Gianpaolo Pozzo, che sperava di festeggiare in ben altro modo l'apertura completa della sua grande opera.

Adesso, però, bisogna correre ai ripari. Anche se la salvezza non è a rischio (sebbene i punti di vantaggio sulla terzultima siano scesi a sette), è necessario ricompattare il gruppo per non vivere un girone di ritorno di stenti e insofferenza. Ci sono alcune situazioni che verranno risolte dal mercato - sia in entrata che in uscita (vedi il caso Thomas Heurtaux "dimenticato" dopo il recupero dall'infortunio da Colantuono e ora praticamente blucerchiato) -, altre che dovranno essere analizzate dai dirigenti bianconeri assieme al tecnico. Una cosa è certa: ulteriori figuracce non potranno essere più accettate, soprattutto in casa dove nei prossimi mesi giungeranno altre due corazzate (la Roma il 13 marzo e il Napoli il 3 aprile). E adesso cominciamo a pensare alla gara esterna con il Palermo, uno scontro diretto da non fallire e, soprattutto, un'occasione per ritrovare dignità e orgoglio.

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