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E dopo il pallone? Solo il 60 per cento dei calciatori si ricolloca

Questa mattina lo stadio Friuli ha ospitato il convegno "Tempi supplementari - aspetti psicologici e traumatici del dopo carriera dei calciatori". Tra i relatori, Paganini, Poli e Tommasi

Redazione

Tempi Supplementari – aspetti psicologici e traumatici del dopo carriera dei calciatori”: questo il tema del convegno ospitato stamani alla Dacia Arena organizzato dalla Polisportiva Udinese, Associazione Italiana Calciatori, S4S, UnLab e patrocinato dal Comune di Udine.

A fare gli onori di casa Alberto Rigotto, Project Manager della Dacia Arena, che ha rinnovato la disponibilità dell’Udinese Calcio a trattare tematiche come quelle presentate. Al convegno è intervenuto anche il direttore sportivo bianconero, Manuel Gerolin, interpellato sul tema del dopo-carriera, ha tenuto a precisare come nella società bianconera sia data grande importanza alla crescita personale degli atleti, fin da giovanissimi, seguiti passo passo nella loro formazione scolastica e nella vita quotidiana del convitto. Formare giovani preparati ad un futuro anche fuori dal calcio è il primo passo per avere un domani adulti pronti a reinventarsi anche qualora il calcio non diventi la loro vita.

L’incontro è stato occasione per presentare un innovativo studio condotto dall’Aic rispetto ai risvolti di natura psicologica relativi al passaggio dalla carriera agonistica al "dopocarriera" di un calciatore professionista. “Lo sport come occasione di crescita personale e veicolo di coesione sociale – ha affermato Umberto Musumeci, presidente di Sport4Society - rischia di diventare un blocco psicologico che mina la sanità fisica e mentale di coloro che non riescono a trovare un equilibrio tra il proprio sviluppo come “persone” e come “sportivi”. I numeri d’altronde parlano chiaro: a dispetto di quello che si può pensare un calciatore professionista guadagna in media 50mila euro lordi l’anno, cifra che certamente non permette ad un ex sportivo di vivere serenamente gli anni della vecchiaia”.

Elencando una serie di dati rispetto al livello di scolarizzazione ed all’occupazione post carriera, Massimo Paganini, a capo del Dipartimento Senior dell’Aic, ha evidenziato come solo il 60 per cento degli ex calciatori sia riuscito a ricollocarsi e solo percentuali risibili di loro riesca a prendere una laurea. Il mondo del calcio può assorbire solo una minima parte di ex-sportivi che comunque devono avere delle qualifiche e delle competenze che non derivano semplicemente dall’aver vestito maglie importanti. L'Associazione Italiana Calciatori si pone dunque obiettivi importanti: quelli di accompagnare calciatori ancora in attività nel processo che li porterà ad essere inseriti nel mondo del lavoro avendo qualifiche spendibili in modo concreto.

Fabio Poli, direttore organizzativo dell’AIC, ha concluso l’esposizione della ricerca con un breve approfondimento sui temi dell’autoefficacia, dell’autostima e del controllo, aspetti fondamentali di un ex giocatore che passa dall’essere un personaggio alla ribalta a trovarsi a dover reinventare la propria vita. È stata dunque la volta di Furio Honsell, sindaco di Udine, che ha voluto essere presente per testimoniare come i temi trattati da Aic siano in realtà declinabili ad ogni ambito del mondo del lavoro moderno, ricordando come lo sport possa, con il suo appeal trasversale rispetto alle generazioni, farsi promotore di approcci nuovi per gestire del capitale umano che deve essere ricollocato. Ha infine confermato come il sodalizio tra il Comune e l’Udinese sia da sempre fonte di guadagno reciproco in termini di promozione e supporto.

Non sono mancate voci autorevoli di ex-atleti che hanno portato la propria esperienza in merito al dopo-carriera. Sono intervenuti René Cattarinussi, Valerio Bertotto, Diego Bortoluzzi, Mauro Milanese, Piera Maglio e Denis Godeas. A chiudere l’appuntamento il Presidente dell’Associazione Italiana Calciatori, Damiano Tommasi, storica bandiera della Roma. Ha voluto rimarcare un concetto che ha trovato spazio durante tutto il convegno secondo cui la cultura sia l’unico mezzo che i calciatori hanno a disposizione per rendere il passaggio dalla vita agonistica a quella del post il più lineare possibile. “Ritrovarsi nell’Associazione per noi vorrebbe essere come ritrovarsi in uno spogliatoio – ha concluso Tommasi – e ricordatevi che dietro alle figurine ci sono delle persone” con tutti i dubbi e le paure del caso".

(fonte: udinese.it)

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