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Udinese, una truppa alla conquista della salvezza

Come spiegare certe prestazioni dell'Udinese? Forse ci sono tanti generali e poca truppa. Ma alla fine, la verità è una sola. Da anni si è indebolita la squadra che per due stagioni si era slavata a fatica. Ora però c'è solo a guardare a...

Monica Valendino

Se tre indizi fanno un prova, allora le gare con Carpi, Frosinone, Palermo e, ultima in serie temporale, il Torino dovrebbero colpevolizzare l'Udinese senza possibilità alcuna di essere scagionata. Ma qual è l'accusa? Qual è, soprattutto il movente di tale efferati delitti calcistici? Siamo di fronte a una smemorata di Collegno in chiave post moderna, oppure ci troviamo di fronte a un pericoloso e premeditato piano che possa portare chissà dove e chissà perché?

Non disturbatevi troppo. Il delitto (per fortuna) non è ancora servito. Ma gli indizi per pensare che ci sia da preoccuparsi, quelli ci sono tutti. L'Udinese con quattro allenatori diversi ha gli stessi problemi (Guidolin dell'ultimo anno, Stramaccioni, Colantuno o e oggi De Canio). Vuoi mica vedere che, seppur con loro responsabilità, il vero problema sta davvero nella qualità della rosa che non sa affrontare le gare cruciali, non riuscendo di conseguenza a trovare quella continuità necessaria  per vivere tranquilli?

Ma come? Pozzo, è certo che questa rosa non sia da Europa, ma nemmeno da retrocessione. E allora? Ma quando si parla di qualità si sbaglia a pensare solo all'aspetto tecnico, la qualità di un giocatore è data dai piedi, ma anche dalla testa con cui affronta una stagione. E all'Udinese le amnesie sono di casa, segno che di qualità non ce n'è tanta. Se poi ci mettiamo il punto primario, ovvero che una rosa fatta per lo più da stranieri è una rosa destinata a essere anarchica, allora si potrebbero spiegare anche certe debacle. Poi, forse, in troppi forse mettono lingua su tutte le questioni: tanti generali, poca truppa.  Ma alla fine, la verità è una sola. Da anni si è indebolita la squadra che per due stagioni si era slavata a fatica, ma anche senza davvero mai rischiare. Alla terza stagione ecco la frittata che si sta friggendo in padella.

Venuti meno i gol salvatori di Di Natale (la sua gestione rimane comunque una pecca, serviva pensarci prima a come affrontare la successione), sono venuti a galla tutti i problemi.

Ora non serve però far altro che salvare il salvabile: l'Atalanta è una di quelle tappe che fa ricordare stagioni lontane, quando l'Udinese faceva l'ascensore dalla A alla B e tutto si decideva all'ultimo. Sensazioni sopite da anni di successi e salvezze senza patemi. Oggi è diverso: a Bergamo la squadra non solo deve avere piedi buoni e gambe sane, ma anche tanta testa. Sbagliare ancora non è permesso, su questo non ci sono dubbi. E, alla fine, se sarà salvezza i tifosi potranno anche festeggiare, loro sì che comunque vada usciranno come veri vincitori di una stagione che ha regalato al popolo friulano solo delusioni.

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