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Udinese, finale suspence

L'Udinese deve fare quattro punti tra Atalanta e Carpi per salvarsi: ma oggi molte certezze sembrano perse, con Palermo e Carpi che incalzano per un finale suspence. Non accadeva dal 2001

Monica Valendino

Il termine suspence lo inventò Charles Dickens, nei sui racconti a episodi sui quotidiani. In uno di essi un protagonista era per all'unto sospeso su un burrone, ma il finale arrivò solo la settimana dopo.

Oggi la suspence è una prerogativa dell'Udinese, sospesa sull'orlo del precipizio. Era dal 2001 che i friulani non vivevano un finale di stagione tanto sofferto. Allora alla penultima giornata ci pensò Di Michele a segnare allo scadere il gol vittoria a Lecce grazie a un rigore 'generoso' che  mise al riparo i bianconeri che la domenica seguente persero in casa con la Juve, regalandole lo scudetto.

Oggi è molto più complicato: la squadra di De Canio si è complicata da sola la vita. La sconfitta nello scontro diretto con la Samp e l'incredibile debacle col Torino hanno rimesso in discussione tutto.

Il Palermo risorto e il Carpi che all'ultima giornata arriva a Udine hanno entrambe il vantaggio degli scontri diretti con l'Udinese. Che ora è obbligata a vincere a Bergamo, per evitare un finale thrilling con gli emiliani.

Qualche solone ha gridato al 'Gombloddo', quello con la G maiuscola. Ipotesi di giocatori che mollano l'allenatore, ipotesi senza fondamento. La squadra è con De Canio, del resto lo stesso tecnico a caldo ha spiegato quanto accaduto, per quanto si possa spiegare una manita ovviamente.  «No, non mi sento tradito, capisco i momenti e le situazioni: temevo molto questa partita, per tutta la settimana. Sapevo che sarebbe venuta fuori una gara simile a quella col Chievo. Allora qualcuno storse il naso per il pareggio. Ho detto ai ragazzi: cerchiamo di vincerla e cerchiamo soprattutto di non perderla, ma le parole possono poco. Contro queste avversarie, quando si lasciano tanti spazi, quando fai troppi errori, alla fine la perdi».

Per cui senza fare dietrologie l'unica domanda da porsi è: come mai questa Udinese batte Napoli e Fiorentina e crolla nella gara più importante, senza dimenticare i sei punti regalati al Palermo o i tre al Carpi e al Frosinone? Perché è immatura, perché per molti giocatori il mercato e le ambizioni personali vengono prima di tutto. Inconsciamente più che smaccatamente, ma quando si ha un gruppo fatto da soli stranieri è inevitabile che molti di loro non comprendano a pieno il valore della maglia e il pericolo che si corre.

Perso Pinzi, perso di fatto Di Natale (emblematico l'abbandono della tribuna sabato al terzo gol del Toro), con Domizzi e Pasquale oramai a fine corsa con l'Udinese al pari di un Lodi oramai finito nel cassetto, chi dovrebbe fare da leader? Kuzmanovic ci prova, ma è da troppo poco tempo qui e comunque sia non ha il carisma per fare da guida anche spirituale. Felipe ci prova anche lui,  forse è l'unico baluardo rimasto. Almeno lui è davvero friulano d'adozione oltre che italiano di passaporto. Ma è poco: se non si comprende che l'assemblaggio irrazionale di culture calcistiche  in un club senza dichiarate ambizioni può essere solo pericoloso, allora non si porrà mai freno al problema.

Ma questo è un discorso generico. Il perché l'Udinese sia crollata miseramente col Torino è spiegabile anche con una semplice considerazione: questa squadra forse si è sentita appagata da troppi complimenti, da discorsi futuri, da una salvezza che dopo la Fiorentina sembrava davvero alla portata. Si è rilassata e, non avendo mezzi tecnici da campioni, nel momento in cui perde di vista chi è, crolla. Non è spiegabile altrimenti che undici giocatori non siano scesi in campo.

Se con Colantuono sembrava ci fossero anche altre tensioni, oggi tutto sembrava riportato ai livelli di guardia. Lo spogliatoio, in quanto eterogeneo,  non è di facile gestione. Pozzo l'anno scorso aveva scelto il tecnico di Anzio proprio perché  sperava che un generale di ferro risolvesse tutto. E' stato un doppio boomerang. De Canio ha riportato ordine, ma certi crolli rimangono comunque figli di altri problemi.

La società quest'anno rimane la prima responsabile dei risultati. E non è con i ritiri che si otterrà qualcosa. La salvezza se sarà, avverrà per demerito altrui. Almeno questo è certo, anche se la suspence è assicurata.

 

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