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Udinese, il nuovo corso

«Si parte con l'obiettivo salvezza, innanzitutto, poi eventualmente si può guardare alla colonna di sinistra della classifica. Il senso di appartenenza non si crea solo con gli italiani: Bertotto e Calori erano i simboli dell'udinesità, ma...

Redazione

L'Udinese con la scelta di riportare a casa Pierpaolo Marino ha dato una scossa positiva a tutto l'ambiente che dopo cinque stagioni a dir poco sofferte aveva perso entusiasmo e fiducia. Un dirigente, ovvio, non può cambiare la storia da solo, servono altre componenti, ma Marino è l'unico che può fare da collante proprio tra tutti gli elementi che possono regalare soddisfazioni: società, squadra, tecnici, tifosi e stampa. Insomma la sua intenzione è sempre stata quella di lavorare bene, concedendo fiducia, ma anche chiedendo che si remi tutti dalla stessa parte.

Negli ultimi anni non è stato così, causa un vertice del club che sembrava aver smarrito le idee e non trovato gli uomini a cui delegare la gestione di quello che oramai è comunque un secondo club dopo il Watford che, per fatturato, attrare maggiormente.

Marino non ha bisogno di grandi budget per costruire una buona squadra,. «Ora è il tempo delle poche chiacchiere e dei tanti fatti. Il calore e l'affetto con cui sono stato accolto dalla tifoseria e anche da voi giornalisti mi caricano di ulteriore responsabilità. Torno all'Udinese per portare un valore aggiunto in una organizzazione già perfetta. Ritrovo uomini che avevo scelto io vent'anni fa come Andrea Carnevale. Non devo stravolgere nulla, ma incidere con la mia personalità e il mio entusiasmo», le parole in conferenza che dimostrano da subito le sue intenzioni. «Questo è un gruppo che secondo me ha ottime qualità, forse bisogna aumentare l'autostima e il senso di appartenenza che era la principale caratteristica dell'Udinese di una volta. E per ricreare questo contesto virtuoso c'è bisogno di tutti. I tifosi nell'ultimo periodo sono stati splendidi, ora quel pubblico da libro cuore lo dovremo portare allo stadio tutte le domeniche. Ho ritrovato tante facce amiche: sono uno di voi, arrivo con la massima umiltà, non sono un mago. Un ringraziamento particolare va ai ragazzi della curva per lo striscione di bentornato, ricordo ancora quello che esibirono la prima volta che tornai da avversario con il Napoli. Il mio lavoro andrà anche in questa direzione, ovvero quella di ricompattare le varie componenti. Sarà un lavoro certosino, con l'aiuto di tutti potremo fare cose importanti. Anche la richiesta di tre anni di contratto va in questo senso: una stagione non è mai indicativa, tre, invece, dicono sempre la verità».

Marino è uno che interverrà a piedi pari sul mercato: «Lasagna? Non mi voglio sostituire a Tudor, ma se un attaccante come lui non arriva in doppia cifra dobbiamo andarcene tutti a casa. A me ricorda Muzzi, ha gli stessi strappi e le accelerazioni di Roberto. Il primo a credere in se stesso deve essere lui. Se non lo fa è un pazzo. Può risultare una plusvalenza incredibile per la società». Come dire: da qui non si muove. Poi con Bussetto  e magari una punta da scovare ancora il reparto sarà completo.

Ma Marino sa che sarà a centrocampo che dovrà intervenire maggiormente. Mandragora e D'Alessandro sono in prestito, lavorerà di fioretto con Juve e Atalanta per cercare di trovare una soluzione comune, altrimenti 25 milioni per entrambi difficilmente l'Udinese li spenderebbe. Più facile il lavoro con il club degli Agnelli, molto più complicato quello con l'Atalanta formato Champions, ma il suo trascorso a Bergamo può essere utile.

Diplomazia e fatti, questo in sintesi è il dogma di Marino. Che da solo non può molto, ma avrà ampi poteri e tre anni per riportare l'Udinese dove l'aveva lasciata. I tifosi già sperano, l'ambiente si è risvegliato con una notizia che l'ha ringalluzzito. Ora però tutto passa ancora per la proprietà che deve stabilire un budget di spesa equi, ma che consenta di abbandonare le scommesse esotiche per puntare più su giovani promesse italiane (ce ne sono, guardate in U20 e 21 quanti ragazzi potrebbero crescere come hanno fatto i vari Pinzi o Giannichedda). «Si parte con l'obiettivo salvezza, innanzitutto, poi eventualmente si può guardare alla colonna di sinistra della classifica. Il senso di appartenenza non si crea solo con gli italiani: Bertotto e Calori erano i simboli dell'udinesità, ma penso anche a Sensini, allo stesso Danilo nonostante un carattere un po' così».  Può bastare come sigillo di garanzia.

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