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Udinese, una squadra multicolore. Con vecchie ruggini

L’Udinese è una squadra multicolore. Grigia nella ripresa, dove spesso arretra talmente il baricentro che alla fine subisce il gol. Era successo, è tornato ad accadere col Chievo. Vecchie ruggini, forse, che la squadra si porta dietro dalla...

Monica Valendino

L’Udinese è una squadra multicolore. Grigia nella ripresa, dove spesso arretra talmente il baricentro che alla fine subisce il gol. Era successo, è tornato ad accadere col Chievo. Vecchie ruggini, forse, che la squadra si porta dietro dalla vecchia gestione e che Strama, nonostante il lavoro pignolo e costante, non è riuscito a sradicare. Un discorso già affrontato, ma che qualche sapientone (non tra il pubblico, encomiabile nel sostenere i ragazzi), vorrebbe imputare al tecnico. Nulla di più lontano dalla realtà.

Strama sta facendo un lavoro da carpentiere, sta costruendo una casa dove prima era sprofondato tutto fin dalle fondamenta. Ci vuole tempo e calma. Certo che lui è il primo a rammaricarsi dell’occasione perdita. perché l’Udinese è stata bella se si pensa, invece, alla prima parte di gara, dove nonostante i clivensi facessero la loro gara il possesso palla era tutto bianconero. Il rammarico nasce dal fatto che non si sia riuscito a raddoppiare.

Poi c’è la questione cambi: in avanti mentre Maran ha azzeccato tutto, Strama si è ritrovato ancora più corto con Muriel fuori, arrivando a proporre di nuovo la difesa a tre, non che questa sia la causa del gol preso, ma evidentemente non c’erano soluzioni pronte per cambiare con una logica diversa. Purtroppo fino a gennaio sarà così, ma va anche detto che se le punte sono un problema, la mediana è ancora a secco dopo 12 gare, fatta eccezione per Fernandes.

Non dimentichiamoci nel calo del secondo tempo i nazionali: Piris & C negano che abbiano sentito fatica, ma 15 giocatori sparsi per il mondo, con morale e tensioni diverse, oltre che con viaggi lunghi non possono non influire. Vecchio discorso, d’accordo, ma sempre attuale che non dev’essere un alibi, ma una spiegazione ulteriore.

Quando il bianconero si tinge d’arcobaleno: Totò Di Natale lascia il suo timbro indelebile nella storia del calcio. Duecento gol e 400 presenze sono cose che in altre squadre avrebbero raccolto inserti sui giornali nazionali. A Udine passa quasi inosservato a causa di un pari che lascia l’amaro in bocca, ma ha mille spiegazioni. Oggi in Italia come Totò non c’è nessuno. Numeri a parte è un giocatore che trascina oltre che inventare, un giocatore che ha il gol facile come non mai nella sua carriera e che sa sacrificarsi decisamente più che in passato. Ora però il lato oscuro della medaglia: ironia della sorte, viene il sospetto che il  giudizio tecnico di molti parta più che altro dal pregiudizio verso l’Udinese, provincialotta che quindi non ha diritto ad avere  campioni in squadra.

« Se avesse giocato in una grande non so se avrebbe raggiunto certi risultati » ha detto qualcuno. Ora come non mai la società bianconera deve continuare la sua politica: ribadire con ancora più forza la sua posizione, e magari cercare davvero di accontentare in tutto e per tutto Di Natale a diventare ancora più leader di questa Udinese. Il nuovo contratto pare esserci già, se non altro come  bozza. Però si deve arrivare anche a capire quale sia la soluzione perché non si parli slo dei suoi record e perché vecchi vizietti non si estinguano nonostante la nuova ventata d’aria fresca.

Infine la classifica: buona, ma  ora attenzione al calendario: Milan, Inter, Verona, Samp e Roma alla ripresa. Qui si vedrà di che pasta sono fatti i bianconeri e Di Natale da solo potrebbe non bastare se si continua ad aver paura dopo un gol fatto.

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