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Valeri: allucinazioni da strizzacervelli

A questo punto si può dirlo: fatta salva la buona fede, cioè l’assenza di fumus persecutionis, la questione è da congresso psichiatrico. Soltanto un’assise di strizzarcevelli può tentare di dare una spiegazione alle allucinazioni...

Monica Valendino

A questo punto si può dirlo: fatta salva la buona fede, cioè l’assenza di fumus persecutionis, la questione è da congresso psichiatrico. Soltanto un’assise di strizzarcevelli può tentare di dare una spiegazione alle allucinazioni dell’arbitro romano Paolo Valeri il quale, quando incrocia l’Udinese,incappa in strafalcioni incredibili. E’ la variabile non richiesta che orienta le partite, sempre a danno dell’Udinese.

Paron Pozzo, che alla vigilia aveva tentato di addolcire la reazione a una designazione decisamente da allarme rosso, si è di nuovo scatenato, e con lui tutto il mondo non rossonero: c’era un rigore (di Armero) su Badu non dato; non c’era quello fischiato a Domizzi (col rosso incorporato) che ha sbloccato la partita, posto che Honda prima della spintarella del difensore si era aggiustato il pallone con il braccio.

Nell’occasione, ancora prima di Valeri va fustigato il designatore Domenico Messina: visti i precedenti, cioè una casistica clamorosamente sbilanciata e le ripetute precedenti prese di posizione della società bianconera, semplicemente non doveva destinare Valeri per San Siro. Capita, infatti, che l’internazionalità e le cento direzioni in serie A del fischietto romano vengano polverizzate da patologie cromatiche (allergia al bianconero?) o da residui di rancori inconsci verso il selvaggio Barbablù del Nordest. Lo tenga presente, il designatore, per il futuro.

Si dirà che l’Udinese ha giocato male, anzi che non ha proprio giocato se è vero che Diego Lopez è uscito con le braghe immacolate. Eppure si può scegliere (o costretti a scegliere dalla forza altrui) di giocarsela così, tutti dietro, con la speranza che la muraglia regga: e magari avrebbe retto, senza gli strafalcioni arbitrali. Ciò non vuol dire che piaccia quello che Stramaccioni e i suoi uomini ci stanno mostrando. Se la volete tutta, siamo preoccupati da un andazzo (2 punti nelle ultime cinque partite) che seguita a rendere irrinunciabile uno zio di 37 anni come Di Natale. Anche nella convinzione che con l’organico a disposizione si possa produrre qualcosa di meglio che difendersi a oltranza (emblematico: Thereau terzino su Bonera!), o farsi mettere sotto nel gioco da squadre tipo Cesena e Chievo.

Se dobbiamo ricavare qualcosa di buono dal pomeriggio milanese, enfatizziamo due momenti, le incursioni di Kone (tiro ai passeri) e di Badu (rigore non dato) che starebbero a dimostrare come le martellate di Stramaccioni, per smuovere blocchi e pigrizie dei suoi centrocampisti, comincino a incidere. La verifica domenica sera ancora a San Siro contro l’Inter: se la vada a giocare, Stramaccioni, con un minimo di coraggio, anziché aspettare che sia magari una pallottola vagante (la iella o il Valeri di turno) a decidere. Andase male (corna spianate, tiè), qui nessuno lo crocifiggerà per eccesso di coraggio. (Ido Cibischino - tremilasport.com)

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