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Gazzetta: Bacchin, «Giocavo in a poi quel tuffo… La nuova vita? dura ma bella»

Dallo scudetto col Toro, all'Udinese, alla sedia a rotelle: «C’era un’onda , ho abbassato la testa, il collo si è infilato nella sabbia: una scossa e poi ero paralizzato »

Redazione

La vita di Roberto Bacchin nello speciale della Gazzetta dello Sport 'vite spezzate'. Ex Udinese, la sua storia è drammatica, ma anche piena di forza. «Poi sono rimasto lì, immobile come un paletto piantato nella sabbia. Con le voci lontane dei miei compagni e le onde che passavano sopra. Ho chiesto aiuto con un filo di voce, mi hanno risposto “Smettila di fare il cretino”. E invece era tutto vero: sono passato dal correre sulla spiaggia a essere paralizzato. Addio Serie A, la ribalta da calciatore, le cose che consideriamo normali. Tipo, salire i gradini...». Roberto Bacchin racconta la sua storia senza piangersi addosso: oggi compie 62 anni. Oppure 33. Dipende dai punti di vista. Perché nella sua vita c’è un prima e un dopo. Un passaggio brusco che avrebbe potuto portarlo in una strada buia chiamata depressione. E invece non solo ha trovato la forza per ripartire dopo l’incidente che ha stroncato la carriera del giocatore e gli ha ridisegnato in modo profondo quella da uomo, ma strada facendo ne ha apprezzato il panorama, magari sfoderando un sorriso a occhi chiusi nel pensare ai tormenti di un ragazzo dai capelli biondi e ricci che vedeva in uno stiramento il problema più grave da affrontare.

«Rimango cosciente, sulla spiaggia c’è un medico che capisce la gravità dell’incidente. Mi portano a Soverato, poi a Messina. Sono paralizzato dalla testa in giù, devono operarmi». I dottori hanno già parlato con la moglie Antonella: «Il calcio? Abbiamo altre priorità, suo marito rischia di restare per sempre su una sedia a rotelle». La signora ascolta e capisce che dovrà tenere la barra dritta per non far affondare una nave che a bordo ha pure due piccole gemelle di 5 anni. E Bacchin che cosa pensa in quei giorni? «All’inizio ho sperato che la cosa potesse rientrare, ma dentro di me avevo capito: non avrei più giocato. Per fortuna l’operazione va bene: recupero l’uso della parte sinistra, torno a Novara e parte la lunga riabilitazione. Per diversi mesi resto in carrozzina, scopro un mondo nuovo: ho difficoltà pure per andare in bagno». E’ dura, durissima. Ma proprio in quelle settimane l’ex centrocampista trova un nuovo equilibrio. «Inutile pensare alla sfortuna, macerarsi fino a sfiorare la pazzia. Ormai era accaduto, dovevo guardare avanti. La famiglia è stata decisiva: l’amore di mia moglie e quello delle bimbe mi ha permesso di uscire dal tunnel. Da solo. Mi sono dato da fare, con le gemelle ho cercato di essere un papà presente al massimo. Vista la mia condizione, ci riuscivo benissimo. Poi non essendo maschi, avevano giochi più tranquilli. Quante ore passate a pettinare le bambole... E ora sono un nonno a tempo pieno, felice».

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