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Messaggero Veneto, Colantuono: Proverò la difesa a quattro

Proverà la difesa  quattro, quella che ha fatto per una vita. Lo ha affermato Stefano Colantuono al Messaggero Veneto. Ecco le domande più significative della lunga intervista dove il tecnico si racconta. Mister, ci racconta il Colantuono...

Monica Valendino

Proverà la difesa  quattro, quella che ha fatto per una vita. Lo ha affermato Stefano Colantuono al Messaggero Veneto. Ecco le domande più significative della lunga intervista dove il tecnico si racconta.

Mister, ci racconta il Colantuono calciatore? «Ho fatto una carriera normale, ho messo assieme 130 partite in serie A tra Pisa, Como, Ascoli e Avellino».

Il suo ricordo da avversario del Friuli? «In quel Udinese-Avellino 2-6 della stagione ’86-’87 c’ero anch’io in campo. Se non ricordo male marcai Bertoni, in quella squadra c’erano Chierico, Graziani, Storgato».

A un certo punto della sua carriera lei ha deciso di giocare solamente nelle Marche: Ascoli, Fermana, Maceratese, Sambenedettese. Come mai? «Dopo la trentina ho preferito non allontanarmi troppo da casa. Ho chiuso a San Benedetto».

Dove ha cominciato a fare l’allenatore. Come è nato questo passaggio in corsa? «In maniera del tutto casuale. La squadra in quella stagione aveva cambiato già tre allenatori, mancavano 9 gare alla fine e Alessandro Gaucci mi chiese la disponibilità a portare la squadra in salvo. Vincemmo tutte e nove le partite conquistando i play-off che poi vincemmo arrivando in C1. E pensare che io avevo già l’accordo per diventare osservatore».

L’Udinese che tappa rappresenta per la sua carriera? «É una occasione incredibilmente importante. L’ho sempre vista come una società modello, con un’organizzazione capillare. Oggi che la vivo da dentro posso confermarlo. A livello organizzativo è una delle prime tre in Italia».

Perchè dicono che lei a Bergamo non lanciava i giovani? «Non lo so. Io credo che anche un vivaio tradizionalmente forte come quello dell’Atalanta viva di cicli: ci sono quelli più prolifici e quelli meno. E comunque i Bonaventura, Baselli, Zappacosta e Sportiello li ho fatti esordire io. Dopo la cessione di Consigli lo scorso anno ho dato fiducia a Sportiello che aveva fatto solo una stagione da titolare in Lega Pro. E abbiamo rivalutato molti giocatori da Padoin a Peluso, da Schelotto a Barreto che poi sono stati venduti».

Analizziamo la rosa messale a disposizione. Partiamo dai portieri. «Karnezis è affidabile, quanto ai due “baby”, Scuffet ha un anno in più rispetto a Meret e a questa età conta. Simone ha bisogno di giocare per crescere. Di certo c’è che l’Udinese ha il ruolo coperto per qualche anno».

La difesa. Perchè ha optato per quella a tre? «Non ho dogmi. Ho visto cosa ha detto la storia negli ultimi cinque anni e la composizione della rosa al momento. Il vestito migliore penso sia questo, ma non è detto che non si possa rivedere qualcosa e provare anche una difesa a quattro».

Capitolo centrocampo. Il nodo è quello del regista... «Stiamo valutando Guilherme e Iturra, c’è Pinzi. Abbiamo optato per avversari consistenti proprio per farsi un’iopinione precisa. Se tirassi le somme dopo appena un mese sarei presuntuoso».

Eccoci all’attacco. Zapata e Di Natale sono compatibili? «Credo di sì. Totò è talmente geniale che sente l’odore del gol da lontano, uno così è difficile da ingabbiare in uno schema di gioco, Zapata può essere un giocatore devastante negli ultimi venti metri grazie alla sua potenza e al suo spunto».

Aguirre e Perica? «Hanno entrambi ampi margini di miglioramento. Aguirre ha avuto un approccio molto positivo in ritiro, deve migliorare nel fraseggio con i compagni. Idem Perica».

Mister, ma Di Natale è un giocatore veramente condizionante dal punto di vista tattico come sostiene qualcuno? «Di Natale appartite a quella ristretta categoria di giocatori che fanno la differenza con i gol. Non gli si può chiedere un grande sacrificio tattico, bisogna lasciare che concentri la maggior parte delle sue energie nel momento topico dell’azione. Il che non significa che non aiuti la squadra anche in fase di non possesso».  (...)

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