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Messaggero Veneto: Galparoli “Zico mi disse…”

Lunga intervista a Dino Galparoli sulle pagine del Messaggero Veneto. «Arrivai a ottobre dal Brescia che era appena retrocesso. L’Udinese si era salvata proprio a spese nostre. Avevo dei dubbi: l’anno prima rifiutai il passaggio al Genoa, a...

Monica Valendino

Lunga intervista a Dino Galparoli sulle pagine del Messaggero Veneto.

«Arrivai a ottobre dal Brescia che era appena retrocesso. L’Udinese si era salvata proprio a spese nostre. Avevo dei dubbi: l’anno prima rifiutai il passaggio al Genoa, a Brescia avevano costruito la squadra per risalire, ma il richiamo della massima categoria era troppo forte».

 Lei nel 1978 passa dalla Reggiana al Brescia. In quello stesso anno Zico giocava il suo primo Mondiale in Brasile. Avrebbe mai immaginato di ritrovarselo un giorno compagno di squadra? «Mai. Io i campioni del suo livello li ammiravo da lontano e poi me li sono ritrovati in ritiro. Penso a Zico, ma anche a Causio».

L’Udinese di allora davanti si schierava con Causio, Miano, Mauro, Zico e Virdis. Chi difendeva? «Già. Perchè poi c’erano Edinho, Gerolin e Tesser che si sganciavano e dietro rimanevamo solo io e Cattaneo. Si diceva che l’anello debole di quella squadra era la difesa, ma non tanto per le qualità dei singoli, quanto per come eravamo strutturati».

Quella squadra era stata costruita per arrivare un giorno a lottare per lo scudetto. Cosa le mancò? «Difficile dirlo. Un po’ di mentalità, anche qualche episodio chiave sfortunato che ti cambia la stagione».

Ricordi personali del Galinho? «Era un leader taciturno, un trascinatore in campo per come si muoveva. Un giorno mi disse: “Galpa, se ci fossi stato tu nella difesa del Brasile avremmo vinto il Mundial del’82 a mani basse”. Il più bel complimento che abbia mai ricevuto».

E Causio? «Personalità molto più spiccata. Lui era il vero punto di riferimento dello spogliatoio e un professionista super. In apparenza era burbero, ma sapeva anche essere simpatico»

L’attaccante più forte che ha marcato? «Dovrei dire Maradona, ma Diego non si riusciva a marcare davvero e quindi lo metto fuori classifica. Un grande è stato sicuramente Van Basten, poi ci metto Rumenigge, Paolo Rossi, Altobelli, Pulici e Graziani anche se gli ultimi due erano a fine carriera».

 Lei ha vissuto anche i primi anni di gestione Pozzo. «La prima impressione era quella di un presidente tifoso che per presentarsi bene alla piazza fece acquisti diciamo così “mediatici” come Bertoni, Graziani e Collovati. Eppure io avevo la sensazione che nel tempo questa proprietà potesse fare bene. Poi sono arrivati risultati addirittura straordinari». 

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