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Ametrano: Orgoglioso di far parte di questo progetto

L’Udinese contemporanea nasce grazie a dirigenti oculati e lungimiranti che a metà degli anni ’90 hanno iniziato a cercare per l’Italia giocatori nelle leghe minori, ma con doti indubbie, da lanciare in bianconero. Uno di...

Monica Valendino

L'Udinese contemporanea nasce grazie a dirigenti oculati e lungimiranti che a metà degli anni '90 hanno iniziato a cercare per l'Italia giocatori nelle leghe minori, ma con doti indubbie, da lanciare in bianconero. Uno di questi è stato Raffaele Amterano, cresciuto nell'Ischia e che è arrivato a Udine con Fedele in panchina (poi sostituito da Galeone) e consacrato da Zaccheroni. "La prima volta parlai con Efrem Dotti, ricordo che venne a vedere una gara dell'Ischia. Poco dopo venni a Udine firmare. Allora l'Udinese era appena retrocessa e cercava di rilanciarsi".

Era il 1995, sono passati 20 anni, ma Ametrano è ancora in bianconero: "Sono orgoglioso di fare parte di questo progetto - ci racconta -. La scorsa è stata una stagione emozionante, tornare è stato emozionante. Così come  incontrare ancora Paolo Poggi è stato bello, ritrovare l'ambiente friulano, sono orgoglioso. Unica cosa che ho trovato di diverso è stato...lo stadio! Allora era già un grande impianto, in fondo è stato il mio primo stadio importante, ma adesso è un gioiello incredibile! Vorrei giocarci!".

Come mai hai deciso di allenare i ragazzi?

"Ho sempre avuto il sogno di iniziare questo mestiere con loro, è un mondo che mi piace, mi trovo a mio agio. Caratterialmente penso di esserci portato, devo migliorare anche io, mi piace trasmettere le mie conoscenze a chi si affaccia a questo mondo per la prima volta"

Da uno che ha vestito anche la maglia della Juve, tra le altre, che consiglio dai ai giovani?

"Ai miei giocatori, che già giocano per una maglia importante, dico che è sbagliato pensare di arrivare in A. Dico loro semplicemente di coltivare il sogno giorno per giorno, la strada è lunga, piena di insidie, serve metterci entusiasmo e tanto spirito di sacrificio".

Ma davvero oggi i giovani italiani sono più complicati rispetto alla tua generazione?

"In effetti il mondo è cambiato, il giovane italiano una volta aveva tanta fame, oggi anche con l'apertura delle frontiere è logico che una società vada a prendere un ragazzo bravo e affamato altrove. Mi spiace per gli italiani che si fanno fregare dagli stranieri, ma nello sport deve sempre metterci sacrificio e passione. Purtroppo per i ragazzi il mondo è cambiato. Il mio primo telefono cellulare, per esempio,  l'ho avuto al secondo anno di C, oggi hanno tutto a 14 anni e questo può distrarre. Noi vavevamo poco e il calcio era fonte di vita, anima e corpo li dedicavi alla passione per questo gioco".

Dopo gli allievi, questa stagione cosa ci dobbiamo aspettare?

"Allenerò i Giovanissimi. Sarà un'annata diversa, sono ancora più stimolato e con maggiori responsabilità vista l'età che hanno. E' la prima volta che mi affaccio ai giovanissimi, ma spero di imparare da loro e loro che imparino da me"

Come giudichi il progetto Academy?

"Mi piace davvero, del resto devo tanto a questo progetto. E' innovativo, solo l'Udinese riesce a farlo in Italia. Manda allenatori e osservatori in giro per lo Stivale. Complimenti a Max Ferrigno che ci ha creduto e dà la possibilità di avere tanta professionalità anche nei settori giovanili"

Da ala destra come giudichi oggi il tuo ex ruolo?

"Si è evoluto moltissimo in questi vent'anni. Prima si cercava un giocatore estroso che saltasse l'uomo, magari con un terzino alle spalle. Oggi quell'ala tipica è sparita, si deve fare le due fasi. Chi gioca avanti è una punta vera e propria, chi gioca nella mediana a cinque deve fare bene anche la fase difensiva; è cambiata l'interpretazione, servono qualità fisiche importanti per agire in questa posizione"

 

 

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