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Zuccalà: non ci sarà più una provinciale campione

Franco Zuccalà, una delle voci storiche della RAI, ne ha viste di pagine del calcio. Ne ha colto i cambiamenti, descritto i campioni. Che oggi stanno venendo meno. Esperto di calcio giovanile, il giornalista ci racconta le sue impressioni:...

Monica Valendino

Franco Zuccalà, una delle voci storiche della RAI, ne ha viste di pagine del calcio. Ne ha colto i cambiamenti, descritto i campioni. Che oggi stanno venendo meno. Esperto di calcio giovanile, il giornalista ci racconta le sue impressioni: "Il calcio giovanile è cambiato: ci sono tanti immigranti nel calcio, si spende poco per comprarli nella maggior parte dei casi, e poi si vendono con un marchio più illustre che i club gli 'stampano' sopra. E' come se ci mettessero un timbro per poi spedirli subito altrove: si cerca il grande campione, ma il più delle volte si cercano soprattutto i soldi. Il calcio non è più uno sport, è una fabbrica.Io l'ho conosciuto ai tempi in cui si facevano sacrifici per entrare in questo giro. Oggi a sette anni a un ragazzino si dice che è un campione, ma nella maggior parte dei casi non è mai così: ma arriva quel timbro e lo spacciano come tale".

Anche il Friuli, una volta terra di campioni, è diventata arida: "Anni fa venni in queste terre per conto di Tuttosport. Ho fatto il pellegrinaggio dei campett dove sono nati i campioni di una volta. Allora c'era un panorama diverso: da Trieste fino a Gorizia passando per Udine trovavi amici che ti raccontavano le loro storie, gli aneddoti legati a questa terra. Oggi non è facile trovarli, per il semplice motivo che non esistono più campioni da ricordare nelle ultime generazioni. Il calcio mi sembra che produca solo 'predestinati', mentre non si cerca più la tecnica. E' una fabbrica, come quella di scarpe. Mancano i dirigenti che vadano sui campi e facciano sacrifici per scovare i campioni.  Quelli attuali si fanno chiamare talent scout. Il nome inglese fa specie, ma la verità è che si stipulano pre contratti con giovanissimi,  gli si dà qualche centesimo, si crea il giocatore anche mediatamente: ma poi di questi quanti emergono? E' un business e basta e il  territorio si inaridisce".

Una delle speranze della rinascita si chiama Simone Scuffet: "Purtroppo quest'anno l'hanno messo in disparte, spero lo tirino fuori al momento più opportuno: forse era solo troppo giovane per confermarsi. Spero che l'Udinese voglia farlo giocare solo nel momento opportuno, altrimenti si rischia di perdere un possibile campione".

Giovani che Andrea Stramaccioni sa crescere. Ma l'allenatore bianconero deve scontrarsi anche con la 'realtà dei grandi': "Udine spero abbia la pazienza di aspettarlo. A Milano era impreparato alla grande piazza: in nerazzurro i meccanismi sono diversi, con certa stampa o vinci subito o non vali nulla. L'Inter però in quel momento viveva in cambio generazionale e sarebbe stato difficile per chiunque fare risultato. Purtroppo a Milano si è abituati agli scudetti, non si ha pazienza, specie con gli sconosciuti. Del resto a Milano si sta bruciando anche Mancini".

Il discorso passa inevitabilmente su Thohir, sugli imprenditori esteri che si stanno tuffando nel nostro campionato: "Sapete perché si dice che Moratti starebbe per tornare in sella? Perché l'indonesiano non ha ancora pagato del tutto il club. Gli imprenditori stranieri pensano solo di fare soldi, ma non hanno tenuto conto di arrivare in Italia. L'arrivo di investitoti stranieri ha fatto bene agli inglesi, ma loro sono colonizzatori, sono Lavezzi a questi affari. In Italia i soldi li vogliono fare giù qui, non possono permettersi che li facciano gli altri".

Un calcio che maneggia tanti soldi, ma impoverito di valori quello che emerge dalle parole di Zuccalà: "C'è anche chi- ricorda - una volta mi ha chiesto soldi solo per una chiacchierata di calcio. La Rai, ovviamente, non li ha mai concessi".

Anche sulle riforme in atto non regna l'ottimismo: "Chi governa oggi il calcio cerca qualcosa: questo è un momento difficile per tutti e Tavecchio qualche imprudenza l'ha commessa. Non credo che durerà più di due anni. Magari dopo eleggeranno  Galliani a numero uno del calcio: del resto lo è già presidente da tempo, quando finirà col Milan diventerà ufficialmente presidente. La verità è che tutti pensano di sapere tutto, però non ci sono dirigenti abili. Noi in Italia non siamo più nessuno, Platini ogni tanto fa l'amico, in altre volte ci frega anche perché nessuno ha quel carisma necessario per affermare il movimento a livello internazionale".

Difficile anche prevedere in questo contesto una nuova favola Verona: "Mi rifaccio alle parole dette dal presidente della Lazio, Lotito: il pensiero dominante oggi tra i presidenti è che se arriva il Carpi in A siamo rovinati. Purtroppo non esisterà più la possibilità di vedere una squadra di provincia vincere. Pi servirebbe anche una riforma arbitrale per arrivarci, cosa non possibile. Nel calcio attuale un arbitro non si inimicherà mai il potente di turno: se sbaglia lo farà sempre con una piccola..."

L'Udinese mosca bianca in un panorama così? "L'Udinese in alcuni anni ha messo davvero paura: ricordo i tempi di Zaccheroni quando inventò davvero qualcosa di nuovo, o ancora prima con Zico e Giacomini. Recentemente Guidolin ha fatto grandi cose. In Friuli noi vecchi ci ricordiamo però giocatori che hanno fatto la storia del calcio, figli di una terra che deve tornare a guardare anche dentro di sé".

©Mu

 

 

 

 

 

 

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