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I dolori del giovane Andrea (Di F. Canciani)

Guidavo, poco fa. In memoria di una lucciola bustocca passata a solcare i viali celesti, l’apposita radio nazionale passava una canzone che in effetti non immortala una mercenaria, ma una pasionaria dell’amore. Liriche uniche, scritte quasi...

Franco Canciani

Guidavo, poco fa. In memoria di una lucciola bustocca passata a solcare i viali celesti, l’apposita radio nazionale passava una canzone che in effetti non immortala una mercenaria, ma una pasionaria dell’amore. Liriche uniche, scritte quasi cinquant’anni fa, la musica essendo però di Georges Brassens, inincatenabile talento Lànguedoc.

E mi ritornava in mente la gara di ieri, che con grande sollievo oggi non lascia in me strascichi di sorta: se uno dei numi tutelari della mia povera cultura cantava che Genova è rossa e blu, torto non ne può avere; troppa però la differenza in campo evidenziata al neo-Friuli.

E pure ciò che può passare nella testa del povero Andrea Stramaccioni, cui quest’anno non ho risparmiato critiche, né fendenti (e neanche scuse, ove ce ne fosse motivo). Non provo per il romano la stessa affezione che nutrivo per lo schivo predecessore, mia debolezza mai nascosta; ieri l’ho decisamente massacrato perché mi è sembrata insufficiente anche la sua prova, oltre a quella di numerosi supposti protagonisti in campo, apparsi inadeguati ad una gara, per quanto inutile, di serie A.

Spero la sicurezza che ostenta nel rapporto con media, tifosi, addetti ai lavori non sia sicumera: Mourinho, nume tutelare di chi come me ama le persone fuor d’allineamento, li definirebbe persone da prime-time. Io (imbeccato da chi a Milano lo conosce bene) sono certo della sua preparazione tecnica, tattica, professionale. Ho ancora dei dubbi legati alla trasmissibilità dei suoi cavalli potenza sui propri giocatori.

Gare come quelle casalinghe al cospetto di Palermo e Samp-e-doria, due squadre medie (non mi gabbate, non sono formazioni splendor quelle che in otto gare ne vincono una. A Udine...) dimostrano che manca la preparazione ad affrontare l’avversario partendo a mille, esattamente come si è fatto a Verona, con l’Internazionale, col povero Milan. Gare come quelle di Parma e Cesena mostrano l’inesistente capacità-killer di matare formazioni più deboli, ad andar bene parcheggiando un bus davanti a Karnezis come “a” Atalanta.

Questi, lo so o quantomeno lo penso, sono i pensieri che frullano nella testa ben pettinata del profeta di San Giovanni. Assieme al dubbio, legittimo, di quanto possa contare la propria opinione nell’auspicata campagna di rafforzamento in vista della prossima stagione.

Mi auguro che lo ascoltino, che sia protagonista non secondario nella rifondazione bianca e nera duemilaquindici-sedici. Non servono miracoli: tre giocatori pronti all’uso, uno per reparto.

Il centrocampo schierato contro la Samp, privo di Allan, è parso tristemente inconsistente di fronte a Palumbo, Duncan, Acquah. Mica Rivelino, Jairzinho e Gérson. Dietro Danìlo pare solo, quando Domizzi (come ieri) appare un giocatore destinato ad una pronta targa ricordo. Davanti di Geijo si è detto, ma a Théréau e soprattutto a Totò (in ogni caso) vanno trovate alternative.

In giro per il mondo ci sono proprietà invitanti: Angella, Vydra, Jaadi, Nico Lòpez, financo Almen Abdi (oscuro lavoro di raccordo che manca come il pane). Non voglio, né debbo entrare nell’affaire progetto-sportivo-Pozzo, terreno scivoloso e pericoloso da affrontare.

Provo compassione, nel senso più elevato del termine, per i dolori che il giovane Andrea prova in questi giorni di tormento, seguiti ad un mini-filotto di gare ben disputate. Non sento alcun giovamento nello scrivere di una squadra in disarmo, provo infinita pena per alcuni tifosi, i quali mascherano dietro il prezzo pagato per un sediòlo allo stadio l’agio di sibilare improperi irripetibili avverso domestici ed avversari, salvo immortalarsi in autoscatti stucchevoli con Strama o col presidente avversario. Ed a chi, ieri, sottolineava la sacralità della maglia a strisce biacca e carbone, violata dalla metà brigante blu-partenopea, reìtero il mio mantra: per gare come quella di ieri, meglio la maglia nera.

Che non assegno a Stramaccioni, convinto che farà meglio l’anno che verrà. Non dovesse accadere, qualora la formazione allestita sia manifestamente competitiva, potrà usare la sciolta parlantina di cui fa sfoggio per iniziare una carriera diversa. Ce l’hanno fatta ex pedatori analfabeti, può riuscirci anche lui.

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