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Andamento lento

Venti centesimi. Una piccola, spesso  bistrattata monetina realizzata in una lega chiamata nordic gold, una roba simile a quel che da bambini chiamavamo oro del Giappone (che in italiano si chiama ottone…) Sul recto, una strana immagine che...

Franco Canciani

Venti centesimi. Una piccola, spesso  bistrattata monetina realizzata in una lega chiamata nordic gold, una roba simile a quel che da bambini chiamavamo oro del Giappone (che in italiano si chiama ottone...)

Sul recto, una strana immagine che mi è familiare. Vista, rivista, studiata ammirata stupefatto, io, nella versione custodita e con italico orgoglio mostrata alla Tate Modern di Londra, bellissimo museo post-industriale in riva al Tamigi (ovvero della trasformazione di un quartiere-ghetto proletario e delinquenziale in una zona alla moda).

Umberto Boccioni negli anni ’40 concepiva Forme uniche nella continuità dello spazio, una scultura geniale e disperata che cerca di trasformare in forme il movimento, la velocità, il dinamismo nella speranza ossessione manìa dei Futuristi cui lo scultore romagnolo di Calabria aderì fin dai vagiti del movimento più geniale del novecento (si vede, eh?, che sono un fervente marinettiano?)

Centoquaranta battute a ciabattar di centesimi, scultori e musei londinesi. Ma garantisco che vi è una ragione legata alle gesta ultimamente non memorabili degli eroi podosferici cinti di bianco e nero.

Guardavo il dischetto di metallo e pensavo a quanto estraneo sia l’ossessivo concetto futurista alla squadra che l’anno passato pochi lutti addusse alle difese avversarie: se entrassimo nello spogliatoio affollato dal mister e dai pedatòri della passata stagione, mostrando loro una copia della scultura di cui sopra, magnificando il fatto che la vera armonia delle forme sta nel loro incessante e fluido movimento, nella rapidità di azione e pensiero, nello zang! Tumb! Tumb! che inciuchisce gli opponenti e tramite caterve di reti “esalta lo strabordante pubblico amico, cingente i giocatori bianchineri, grondante furlanissimo orgoglio” (come reciterebbe Guido Notari, celebre speaker dell’Istituto Luce... anzi Istituto Duce). Già: mi guarderebbero loro, inciuchiti, a causa della totale mancanza di dimestichezza con i dettami del movimento di Filippo Tommaso.

Perché l’anno passato la formazione bianconera è stata lenta lenta lenta, mai rock, mai veloce ed aggressiva, troppo spesso supina o prona ma sempre e comunque in balìa dell’opposta squadra, meglio se di bassa classifica e rango non nobile.

Velocità non è solo quella atletica, velocità non significa chiedere a Widmer di scoprirsi Gareth Bale o Usain Bolt; velocità vuol dire pensare un secondo prima quello che l’avversario non capirà due secondi più tardi. Il centrocampista ricco di fosforo, infatti, riesce a dipingersi in mente, quasi come uno scacchista provetto, le possibili destinazioni di una palla ancora fra i piedi dell’incontrista che a breve gliela affiderà; l’ala tornante (okay, okay, oggi si dice il laterale) idem e già si muove sulla fiducia (movimento senza palla, sto migliorando, eh?) a ricevere indisturbato ed invitto la sfera, pronto a scodellare al centro per la punta realizzatrice la quale, a sua volta, con elegante movimento si è liberata del goffo marcatore e volteggiante vìola la porta avversaria abbandonandosi poi allo strabordante pubblico di cui sopra.

Guilherme; Pinzi; Badu. L’africano corre, corre tantissimo, ma correre a vuoto non significa essere veloce: certe volte ricordava Forrest Gump, al quale al termine del campo da football innalzavano l’insegna “stop!”. Pinzi ormai ingiallisce a forza di cartellini, uno di noi ma ormai avviantesi a fine corsa. Guglielmo il non-conquistatore ha definitivamente identificato la rapidità di azione e pensiero come una propria eccezionale inattaccabile kryptonite che lo blocca e ne frustra gli sforzi. Gli gioverebbe aver a fianco non solo interditori di gioco, gamba e se palla pazienza: immagino un giovane Pizarro, un genio Dell’Anno, insomma piedi buoni e testa rapida ché la palla corre più veloce del più veloce dei giocatori.

Da lì si deve ricostruire l’ossatura della squadra, questa è la pietra d’angolo del progetto tanto celebrato: l’Udinese calcio essepià annovera osservatori fra i migliori, se non fra i profughi trovino queste figure futuriste rendendole il presente della squadra cui teniamo in particolare. Un’Udinese dotata di un cuore che batte e pensa all’unisono con i propri sostenitori, ché il new Friuli avrà supporters e non più tifosi. E in campo, spero perché non scommetto mai, undici maglie bianche e nere che giochino bene. Al calcio. Sempre.

"Franco Canciani @MondoUdinese

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