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Da Venezia a Reggio errori ed orrori e a Udine si ride ancora…

Il calcio italiano non è mai stato così in crisi, anche se più di qualcuno fa come gli struzzi e si consola pensando che alcune spese folli siano il termometro del benessere. Invece no: la riforma del tetto ai tesserati in A è un pasticcio...

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Il calcio italiano non è mai stato così in crisi, anche se più di qualcuno fa come gli struzzi e si consola pensando che alcune spese folli siano il termometro del benessere. Invece no: la riforma del tetto ai tesserati in A è un pasticcio all'italiana, che potrebbe anche rendere tutto più difficile con un esercito di esodati del pallone che nessuno sa che fine farà.

Mancano le squadre B, manca soprattutto una riforma organica delle leghe. In Lega Pro, intanto,un pezzo storico del calcio italiano è sparito, quasi in silenzio. Da Reggio Calabria a Venezia, da Varese a Vicenza. E se il 14 luglio per i più resta il giorno della presa della Bastiglia, per tanti tifosi diventa anche il giorno in cui la propria squadra del cuore lascia il calcio professionistico.

Il Varese 1910 ma anche l'Unione Venezia, vittime di gestioni non proprio oculate e progettuali. Addio al calcio pro anche dalla Reggina.

"L'amarezza di dirigenti e dipendenti è tanta - scrive il Venezia, abbandonato dall'ex presidente russo Yury Korablin -. Fino all'ultimo abbiamo lavorato incessantemente producendo tutti gli incartamenti necessari per evitare questo triste epilogo".

Al momento in Lega Pro la situazione è drammatica: contando anche i club che non avevano presentato la domanda di iscrizione (Barletta, Grosseto, Monza Brianza e Castiglione), sopravvivono 52 società. Per i ripescaggi i club di Serie D dovranno versare 500mila euro a fondo perduto: un altro ostacolo che mette in dubbio il raggiungimento delle 60 squadre previste dalla riforma varata solo un anno fa e che rischia di essere già riformata.

Senza contare il calcioscomemsse e il caso Catania, altre due spine nel fianco che potrebbero conficcarsi come lancia in un corpo già martoriato da ferite. Eppure qualcuno si meraviglia delle spese delle solite note, senza però sottolineare che se il mercato è bloccato è perché la riforma sta creando problemi di difficile risoluzione.

Le squadre sono obbligate a vendere (Udinese in testa) per non ritrovarsi un esercito di scontenti che non si sa dove mettere. In questa posizione i prezzi devono abbassarsi, ma giustamente chi vive di plusvalenze non potendo contare degli introiti tv e sponsor dei grandi, non può rassegnarsi.

Questi pochi che vorrebbero comprare, però, non intendono spendere perché sanno che dall'altra parte c'è l'obbligo di cedere.

Poi qualcuno si meraviglia perché non ci siano colpi ad effetto. Il calcio è questo ad oggi: e a Udine esiste, nonostante tutto, l'isola felice con uno stadio gioiello e i conti in ordine. Ma andatelo a spiegare a Vicenza (sponda Real), a Venezia fino a Reggio Calabria. Un Belpaese di orrori ed errori.

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