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Gino Pozzo, il metodo americano e la questione italiana

IL metodo di scouting dell’Udinese costa 20 milioni all’anno. Una cifra incredibile se rapportata a quanto spendono le altre squadre del Belpaese. Ma il metodo è tutt’altro che campato in aria, è scientifico, premeditato, studiato: negli...

Monica Valendino

IL metodo di scouting dell’Udinese costa 20 milioni all’anno. Una cifra incredibile se rapportata a quanto spendono le altre squadre del Belpaese. Ma il metodo è tutt’altro che campato in aria, è scientifico, premeditato, studiato: negli Stati Uniti. Dove Gino Pozzo ha affinato la rivoluzione del 1997. Già, perché ascoltando i protagonisti dell’era Zac, tutti più o meno sono concordi. Quell’Udinese ha cambiato la storia del club, non solo per i risultati storici raggiunti, ma perché ha dato slancio a Pozzo Sr che ha trovato nel figlio la mente per cercare di cambiare il modo di fare calcio in Italia. Ci è voluto tempo, ora si è arrivati a essere un computer.

E la logica è molto semplice, sembra ispirata a un film, forse lo è.

Forse, ma il metodo scientifico applicato allo sport ha già dato i suoi frutti. E gli Oakland’s Atlethich nel baseball sono l’esempio più limpido. La loro storia è stata addirittura resa cinematografica nel bellissimo film (premio Oscar), ‘Moneyball’, con uno strepitoso Brad Pitt nei panni di Billie Beane, l’inventore della scienza applicata allo sport.

Lo stesso Beane oggi però allarga gli orizzonti 2«Non c’è niente al mondo che non si possa quantificare. Non è una questione di se ma di quando. Il calcio è un business enorme, ci sono sempre meno aziende “familiari” e sempre più “corporation”. C’è più rischio in termini imprenditoriali. Diventa indispensabile cercare di quantificare qualsiasi cosa. Anche sul campo da calcio».

Ma di che cosa si avvale questo metodo? Il General Manager degli A’s, Billy Beane per l’appunto, sta cercando un modo per rendere la sua squadra competitiva nonostante le loro importanti difficoltà finanziarie. Durante una visita ai Cleveland Indians, Beane incontra Peter Brand, un giovane laureato in economia a Yale con idee radicali sul come valutare il valore di un giocatore.

Il suo prezzo non dev’essere fatto dagli osservatori (e dai media), ma dalle statistiche: ogni squadra necessita di un giocatore che abbia determinate caratteristiche, e in giro ce ne sono un’infinità a bassissimo costo in leghe minori. Tutto sta trovarli e qui inizia lo scouting. Statistiche rigorosamente sintetizzate da un’equazione.

Beane si lascia travolgere dal progetto, trova giocatori misconosciuti adatti però al gioco che l’allenatore vuole proporre.

All’inizio della stagione, gli Athletics non convincono, portando i critici all’esterno e all’interno della squadra a giudicare il nuovo sistema come un triste fallimento. Beane convince il proprietario della squadra a mantenere questo cammino, e alla fine i risultati della squadra cominciano a migliorare. Al termine della stagione gli Athletic’s raggiungono un risultato senza precedenti: venti vittorie consecutive, fissando un nuovo record dell’American League.

Questo metodo ricorda qualcosa? Ai tifosi dell’Udinese , certamente sì. Non è un metodo popolare, perché a volte portare nomi carichi di fascino è la via più breve per farsi amici i tifosi, ma i risultati dell’Udinese sono lì a dimostrare che lo ‘scouting selvaggio’ in tutte le latitudini ha portato più di quanto nessuno potesse immaginare solo 15 anni fa.

Spulciando un po’ di date, poi ci si accorge che la politica fortemente voluta da Gino Pozzo (uno che gli Usa gli conosce bene, avendoci preso la laurea), comincia proprio a inizio millennio, più o meno quando Oakland iniziava a stupire l’America. Comprare a uno per rivendere a cento. Sembra una massima maoista, ma nel calcio business è l’unica via di sostentamento.

A Oakland, però, ancora nessuna vittoria. Come a Udine: certo i piazzamenti, gli elogi sono necessari, straordinari come i risultati. Ma alzare un trofeo è altro.

Oakland come Udine però è un posto ai margini del grande sport. Beane e il suo progetto vennero scelti dai Boston Red Sox, lui però disse ‘no grazie’. Ha preferito pensare – romanticamente – di poter vincere nella ‘sua’ società’. Prima o poi ce la farà, forse. I tifosi sognano con lui, mentre da queste parti ci si chiede ancora se sia tutto giusto, se il calcio sia – in fondo – scienza oppure caso.

La risposta sta sul campo, l’unico che non mente mai. L’unico che, però, pretende anche di riflettere, almeno, una volta l’emozione di un trofeo. Ma qui la scienza può poco, specie in Italia dove a comandare sono altre persone, altri interessi, il sogno americano non è di casa qui. Si può importare un’idea, imporla, ma farla funzionare come per Beane è un’altra cosa e non solo per sfortuna, che pure incide.

Qui comandano ancora i procuratori, le regole della A sono vecchie e nessuno le vuole cambiare (le nuove norme non convincono nemmeno gli addetti ai lavori...), la questione arbitrale è aperta, i giocatori anche se scelti per ruolo a volte non sono all’altezza degli omologhi europei, le giovanili non producono nulla e i computer se cercassero lì starebbero ‘a a girare’ per ore a vuoto. Insomma Oakland sembra Udine, forse lo è per molti aspetti, ma l’Italia non è l’America.

Moval

©Mondoudinese

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