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Il teatro dei sogni

Il primo acquisto dell’Udinese 2015/16? Il suo pubblico. Ma non sarà un’operazione facile, perché le vicissitudini sportive dei beniamini bianconeri degli ultimi due anni hanno lasciato il segno. Non  convince tutti nemmeno la...

Monica Valendino

Il primo acquisto dell'Udinese 2015/16? Il suo pubblico. Ma non sarà un'operazione facile, perché le vicissitudini sportive dei beniamini bianconeri degli ultimi due anni hanno lasciato il segno. Non  convince tutti nemmeno la scelta del 'burbero' Stefano Colantuono, dipinto da chi lo conosce come un allenatore 'da campo', un po' permaloso, di poche parole con tutti. Alcuni tifosi più che da questo sono preoccupati dal 'pedigree' che si porta dietro l'erede dell'uomo del fiume, Serse Cosmi, che l'ha visto affacciarsi alla ribalta calcistica ai tempi del Perugia e della Sambenedettese targata Gaucci, quando Colantuono fu scelto proprio per raccogliere l'eredità di Serse.

Preoccupa molti anche la vicenda 'calcioscommesse': certo, come tutti, Colantuono si dice estraneo ai fatti, ma finché la sua posizione non sarà ufficialmente archiviata hai voglia a non pensare che questa potrebbe essere una spada di Damocle. L'Udinese prima di sceglierlo avrà certamente fatto tutte le considerazioni del caso, ovvio.

Al di la di tutto il primo impatto con la nuova realtà appare condito da diffidenza, quella storica che i friulani si portano dietro. Del resto dopo due anni passati a guardare sconfitte più che ricevere soddisfazioni, è chiaro che da queste parti si fiuti un po' il nuovo padrone, un po' come fanno i cani che ti girano attorno, annusano, osservano prima di cominciare a scodinzolare. Innata diffidenza che aiuta a proteggersi perché esaltarsi a prescindere non è nel dna del furlan. E quando è successo si è rimasti scottati sempre, vedi proprio Serse Cosmi.

C'è da ricostruire molto, questo è certo: Colantuono deve ricucire i rapporti nell'anno più importante per questo club dai tempi dell'avvento di Zico. Ma allora bastava la parola, quella parola di quattro lettere e un'infinità di sogni per riempire il catino con 48 mila persone. Oggi tutto è ridimensionato, i sogni come i posti nel nuovo teatro bainconero: 25 mila posti, si spera con almeno 18 mila abbonati.

Il primo anno la fiducia sarà più o meno come quella che PDNCD hanno ottenuto senza sforzi in Parlamento: poi però per convincere gli elettori dell'Udinese servirà ben altro che le promesse elettorali che il primo ministro continua al elargire a mo' di indulgenze. Gli slogan, così come l'arte di fare politica, non piacciono a Udine. Da queste parti è la concretezza a sfondare. Quella che Colantuono dovrebbe garantire, ma che senza altro attorno non servirà a nulla.

La società in tal senso ha una responsabilità non da poco: perché le ultime stagioni nascono da responsabilità che non si possono scaricare solo su Guidolin o Stramaccioni. Le squadre erano state indebolite e i tecnici hanno fatto quel che potevano per tenere dritta la baracca, nonostante gli stravolgimenti di giocatori dovuti alle scelte di mercato, non sempre azzeccate. Perché Kelava o Naldo tanto per fare due esempi non sono stati mostri in campo, se non intesi come brutture calcistiche.

Il club deve capire che la diffidenza a Udine nasce da elementi sotto l'occhio di tutti: se si vende Angella al Watford è chiaro che poi qualcuno insinua che gli Hornets sono al centro dell'attenzione.

Insomma non basteranno quattro meravigliose nuove mura per riconquistare la passione. Serve altro, serve riuscire finalmente a far capire ai pedatori che passano di qui, che finalmente Udine non è un porto di mare, che se uno accetta di arrivare a difendere questi storici colori è perché sposa l'idea di rimanerci, pur consapevoli tutti che bilanci e calcio moderno non rendono le bandiere così consuete. Però non si può nemmeno pensare più che un allenatore debba essere un allevatore. La gioventù è una qualità che va coltivata per creare quella cantera che poi deve diventare lo scheletro di un'Udinese per la quale non si deve più attingere agli almanacchi per ricordarsene la formazione. Colantuono dev'essere il collante, il resto è compito anche dei dirigenti. Fare del Nuovo Friuli un teatro dei sogni non è solo riempirlo di marketing, ma anche riuscire a far identificare la squadra con i tifosi.

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