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La B costerebbe 60 milioni di mancati introiti. Ma non si perde un patrimonio

Il patrimonio da difendere non è quello economico, né tantomeno la Serie A, ma solo ed esclusivamente il club. Che incarna valori, è simbolo di una terra e a prescindere da dove giochi deve continuare a fare quello.

Redazione

Per favore qualcuno spieghi ai giornaloni un concetto che sembra quasi confondersi tra titoli ad effetto e la solita manina tesa al club bianconero: ovvero che il patrimonio da difendere non è quello economico, né tantomeno la Serie A, ma solo ed esclusivamente il club. Che incarna valori, è simbolo di una terra e a prescindere da dove giochi deve continuare a fare quello.

Piuttosto la domanda da porre è se questo club negli ultimi anni ha rispettato questi valori, oppure forte di una politica che in passato col Paròn alle redini aveva portato successi, continua a perseverare negli errori non capendo che il mercato e quindi il calcio stesso sono mutati, arroccandosi nell'idea che il suo modello rimane l'unica via possibile?

Nossignori: la retrocessione non sarebbe un dramma sportivo, come abbiamo già avuto modo di scrivere sarebbe forse solo un modo per rinascere. Fabrizio De Andrè lo sosteneva, "dai diamanti non nasce nulla, dal letame nascono i fiori". Ecco il punto sta qui, poi chiaro che andando ad analizzare una possibile Serie B, ci sarebbe un crollo dei valori e dei guadagni.

Si parla di 60 milioni tra mancati incassi da tv (solo quelle ne valgono 45 per tre anni), più sponsor, contratti vari e ovviamente la svalutazione dei giocatori. Ma sono le regole della B a spaventare il club bianconero. Le rose, infatti, seguono un modello che sta portando la cadetta da anni ad essere per molti versi più interessante della serie A2, quella dove gioca stabilmente l'Udinese, quella degli stranieri scarsi e infiniti.

In B ci sono tre liste da rispettare. La “Lista A” è fissa: al suo interno possono infatti trovare spazio diciotto elementi Over 21. Limite invalicabile e che necessita di conseguenza di scelte precise e pensate durante il mercato, con le caselle che vanno incastrate attentamente.

La “Lista B” è invece quella dedicata agli Under 21: all’interno dunque possono essere inseriti i giocatori nati dopo il primo gennaio del 1995. La caratteristica principale è che non ha limitazioni di numero,è illimitata.

Infine ecco l’ultima lista, quella legata ai giocatori bandiera: al suo interno possono essere inseriti due calciatori tesserati per quattro stagioni consecutive, non necessariamente con un contratto professionistico, valgono dunque anche gli anni nel settore giovanile. E’ decisamente la lista più interessante, visto che offre eventualmente le possibilità di due posti ulteriori per i giocatori senior rispetto a quella ‘A’, ma allo stesso tempo è necessario rispettare le regole: il tesseramento infatti, oltre di quattro stagioni consecutive, deve essere di proprietà.

In più c'è il paracadute per chi retrocede e l'Udinese giocando da un quarto di secolo in A riceverebbe la sommetta di 25 milioni. Insomma, rifondare non è facile ma di certo non impossibile e come detto forse riporterebbe quei valori di attaccamento ai colori sociali che nei predatori esotici manca.

MA c'è anche un altro aspetto da non sottovalutare: i Pozzo rimarrebbero in B? Difficile dare una risposta. Loro hanno sempre negato di volersi privare della loro "cara bottega", ma a prescindere dalle fantasiose voci sulla Red Bull, ci sono investitori esteri disposti a investire (dalle stanze segrete del club trapela a fatica e anonimamente spesso un filo diretto con i cinesi). E forse investire quando un club è svalutato è meglio che investire quando ha costi maggiori, che poi a Udine sono per lo più derivanti dalle infrastrutture, come dire che un investimento comunque lo si faccia è fondato su un patrimonio dove poi aggiungere il resto.

Ovviamente sono supposizioni, suggestioni per qualcuno, ma di certo in caso di B non sarebbe un dramma e non si perderebbe un patrimonio, che come detto è il club stesso, ma ci sarebbe l'opportunità di ricambiare rotta.  Il grande Henri Laborit nel suo "Elogio della fuga" scrive che "quando non può lottare contro il vento e il mare per seguire la sua rotta, il veliero ha due possibilità: l'andatura di cappa che lo fa andare alla deriva, e la fuga davanti alla tempesta con il mare in poppa e un minimo di tela. La fuga è spesso, quando si è lontani dalla costa, il solo modo di salvare barca ed equipaggio.E in più permette di scoprire rive sconosciute che spuntano all'orizzonte delle acque tornate calme. Rive sconosciute che saranno per sempre ignorate da coloro che hanno l'illusoria fortuna di poter seguire la rotta dei carghi e delle petroliere, la rotta senza imprevisti imposta dalle compagnie di navigazione. Forse conoscete quella barca che si  chiama desiderio."

 

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