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Perché anche la maglia ‘colorata’ è importante

Molti hanno storto il naso dinanzi alle maglie bianconere ‘contaminate’ dai colori del Castelfranco, la squadra femminile che si abbinerà per il ‘DaciaSponsorDay‘. Alcuni tifosi dell’Udinese rivendicano il valore...

Monica Valendino

Molti hanno storto il naso dinanzi alle maglie bianconere 'contaminate' dai colori del Castelfranco, la squadra femminile che si abbinerà per il 'DaciaSponsorDay'. Alcuni tifosi dell'Udinese rivendicano il valore della maglia, che dev'essere rigorosamente sempre la stessa. Senza se e senza ma. E il gialloblu per alcuni ricorda il Verona, vecchio rivale di sempre.

Però vorremmo insinuare una dubbio in questi tifosi: chi vive questi colori da un po' di anni sa bene che c'è stato un tempo, nemmeno troppo lontano a pensarci bene, in cui l'Udinese era conosciuta solo da pochi appassionati al di fuori della regione. Udine un puntino sperduto sull'atlante, la città dei militari o delle belle ragazze. Poco altro.

Certamente Zico ha contribuito a far conosce la regione al di fuori dei confini tradizionali, e quella maglia in stile Ajax ancora oggi piace più di tutte. Simbolo di 'rivoluzione tattica', di combattenti in campo e fuori che vogliono raccontare storie importanti di football.

Un'epoca durata però due anni, poi il sogno è svanito, Udine è tornata per almeno un decennio nel dimenticatoio. C'è voluta la 'rivoluzione' di Zaccheroni a riportare sulla bocca di tutti i colori bianconeri, anche allora con maglie decisamente belle: quel marchio 'Atreyu' che capeggiava su righe larghe è ancora oggi, forse, la seconda maglia più amata.

Oggi le righe sono tornate 'normali', ma l'Udinese si è consolidata in tutti i continenti. E in Italia è vista con una ammirazione che dovrebbe essere raccontata ogni giorno da queste parti dove troppo spesso si storce il naso per qualunque cosa.

Il concorso Dacia sarà anche uno strumento commerciale di prim'ordine (è uno dei più originali in Italia), ma è anche uno strumento di unione unico, che in fondo è la cosa più bella che ci sia nello sport. Sapere che dall'Emilia partono per vivere una giornata unica, tifando Udinese non solo oggi, ma forse anche in futuro è qualcosa di importante che travalica anche l'arroganza di rivendicare l'importanza dei colori. Riuscire ad attirare tifosi è più importate del difendere i propri confini, che siano essi geografici o cromatici non importa. Un confine, in fondo, è un limite e un limite non è altro che una convenzione.

Udine che travalica gli sport e si contamina anche di valori è qualcosa di importante, qualcosa che contraddistingue il club, la stessa città, la stessa squadra che solo 20 anni fa nessuno conosceva. Sapere che si può aiutare uno sport cosiddetto 'minore', ma che tale non è, risulta essere importante quanto un risultato positivo degli Strama-Boys, che tra l'altro hanno ben poco da chiedere ancora al campionato. Sapere, infine, che si aiuta il calcio femminile quando Belloli lo ha definito 'di quattro lesbiche' è un motivo d'orgoglio civile. E Udine rappresenta tutto questo. Fondere i colori non è poi un sacrificio così importante  se si capisce che tutto quello che ne viene è così tanto.

E lo sforzo di gridare 'Forza Udinese' e per una domenica 'Forza Castelfranco' non è eccessivo. Così come dall'Emilia hanno adottato Udine, il Friuli può adottare tranquillamente chi suda al pari dei calciatori di serie A, ma non ha di certo gli stessi riflettori addosso.

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