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Udinese modello. Il mondo lo studia

Il modello Udinese è sempre più osservato dai grossi media internazionali: dall’americano New York Times fino all’inglese Observer, o al prestigioso Times, tutti vogliono analizzare questo modo di fare di un  piccolo club di provincia,...

Monica Valendino

Il modello Udinese è sempre più osservato dai grossi media internazionali: dall’americano New York Times fino all’inglese Observer, o al prestigioso Times, tutti vogliono analizzare questo modo di fare di un  piccolo club di provincia, un modello di calcio aziendale. Con molti elogi e qualche domanda.

Gli elogi vanno per lo scouting, pagato oltre 20 milioni di euro una cifra decisamente importante, ben ripagata, perché è indubbiamente il punto di forza della holding, che con tre club controllati (Udinese, Granada e Watford), ha in mano circa un centinaio di giocatori. La cui età media si aggira ai 24 anni.  Eppure dopo anni di risultati sempre con una età tra le tre più basse (25 anni circa)  ha nel palmàres 2 qualificazioni ai preliminari Champions e una EL negli ultimi 4 anni. Non male se raffrontato ai costi di gestione di sceicchi o grossi industriali nostrani. Che poi Pozzo non sia un grosso industriale è tutto da dimostrare: in Spagna lo chiamano “il piccolo Agnelli”, tanto per favi un’idea di come si è imposto più all'estero che in Italia, forse.

Risultati sportivi che tramutati in euro significano maggiori introiti dai diritti tv: 41 milioni entreranno nelle casse del club bianconero nei prossimi  anni, grazie all’accordo appena siglato grazie a Infront.

I dati economici proseguono, rilevati anche dal Financial Times, e mettono a confronto un divario enorme con la Premier League dove i bianconeri non entrerebero nemmeno nelle prime 20, ma sarebbero quarti nella B inglese come ricavi dovuti solo a entrate televisive e relative sponsorizzazioni. Ecco che entra in scena allora il Watford, che se fosse promosso, riceverebbe più soldi del Man United, grazie alla nuova formula di ridistribuzione delle sterline che premia le neo promosse e serve a bilanciare il campionato. Così a fronte di un investimento di 30 milioni,  la promozione porterebbe 60 milioni netti di introiti.

In Spagna le cose non vanno meglio che in Italia. Il Granada che veleggia tra le ultime nei prossimi due anni dovrebbe avere entrate per 30 milioni da sponsor e tv se mantiene la categoria. Insomma un vero e proprio tesoretto che ai media non è sfuggito. Un’azienda che funziona sportivamente ed economicamente, ma che non soddisfa del tutto i rispettivi tifosi che a fornte di tanti introiti vedono in una delle fratellastre sempre la privilegiata. Normale e logico che sia così’. Intanto, in attesa delle squadre ìB' in Italia,  molti club che appoggiano i Pozzo, perché vedono in questa politca l’unico modo per arginare lo strapotere arabo che in breve potrebbe invadere il calcio europeo. Uno scambio commerciale e televisivo: Formula uno a te, calcio a me. Con i tifosi sempre più spiazzati davanti all’evoluzione dal calcio sapiens al calcio technicitatis.

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