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Una storia di fallimenti eccellenti, per questo è giusto salvare il Parma?

Il calcio è malato. Non è il caso Parma a dirlo, ma il recente passato. Troppi soldi e troppi dirigenti  incapaci, ed ecco il crack. L’isola Udinese  non solo dev’essere un vanto, ma dovrebbe per legge diventare un modello. E oggi...

Monica Valendino

Il calcio è malato. Non è il caso Parma a dirlo, ma il recente passato. Troppi soldi e troppi dirigenti  incapaci, ed ecco il crack. L'isola Udinese  non solo dev'essere un vanto, ma dovrebbe per legge diventare un modello. E oggi che leggiamo di un Tavecchio letto in maniera abbastanza eloquente, pensa di salvare il Parma, ricordiamo che c'è una legge non scritta che dovrebbe valere sempre. Chi sbaglia paga. Dispiace, certo per i tifosi, ma soprattutto per i dipendenti e le loro famiglie. Ma se i club calcistici sono aziende, allora si dovrebbe salvare tutti, capirete che è impossibile, anzi proprio questo assistenzialismo ha portato l'Italia a un deficit che oggi non si sa come riparare.

E, poi, se si salvasse il Parma (per carità nulla di personale, ci mancherebbe) cosa direbbero le squadre fallite e ripartite dai dilettanti? Volete qualche esempio?

Napoli: Negli anni immediatamente seguenti il Napoli ottenne discreti risultati, come il quarto posto del 1991-1992 con Claudio Ranieri in panchina e il sesto posto del 1993-1994, allenatore Marcello Lippi. La crisi finanziaria, tuttavia, costrinse il club a privarsi dei suoi uomini migliori: man mano vennero ceduti, tra gli altri, Gianfranco Zola, Daniel Fonseca, Ciro Ferrara e Fabio Cannavaro.Nei due anni successivi, con Vujadin Boškov in panchina, il Napoli ottenne un settimo e un decimo posto. Raggiunse la finale di Coppa Italia 1996-1997, venendo sconfitto per mano del Vicenza. Fu il canto del cigno: la crisi raggiunse l'apice nel 1997-1998, con l'ultimo posto in classifica e la retrocessione in Serie B dopo 33 anni consecutivi di massima serie. Il club azzurro ritornò in Serie A nel 2000, per poi retrocedere nuovamente dopo appena un anno. I cambiamenti societari, con l'entrata in società di Giorgio Corbelli prima e di Salvatore Naldi poi,[60] non portarono benefici al club, con la squadra che ristagnò a metà classifica nella seconda serie italiana. Alla crisi di risultati si aggiunse l'ormai compromessa situazione finanziaria, che portò nell'estate del 2004 al fallimento del club con conseguente perdita del titolo sportivo e la ripartenza dalla C.

Palermo:  L'8 settembre 1987 , il Palermo fu radiato dalla FIGC, il cui presidente era Antonio Matarrese, per un debito di quasi 500 milioni di lire, e fu escluso da tutti i quadri federali. La società venne dichiarata fallita dal Tribunale di Palermo il 18 settembre 2006. Il club quindi scomparve. Voci dell'epoca vogliono che all'interno della Lega Calcio l'unico che si oppose al fallimento del Palermo sia stato il presidente del Lecce Franco Jurlano, da questo episodio sarebbe nato il gemellaggio tra le due tifoserie. L'allora seconda squadra della città, l'Olympia, che militava nel campionato regionale di Promozione e giocava al campo dei Cantieri Navali, tentò di accattivarsi la simpatia degli sportivi palermitani cambiando nome in Palermolympia. Lo stadio della Favorita venne utilizzato, per compensare la perdita del calcio di livello in città, per alcune partite della Nazionale olimpica. Anche la Roma disputò alcune amichevoli nell'impianto palermitano con lo stesso scopo. Grazie all'interessamento del sindaco Leoluca Orlando e dell'allora ministro per gli affati regionali Carlo Vizzini, entrambi tifosi rosanero, il 7 gennaio 1987 nacque l'Unione Sportiva Palermo, chiamata a raccogliere l'eredità dello scomparso sodalizio rosanero. Grazie a una deroga concessa dalla Federazione la squadra venne ammesso direttamente alla Serie C2. Il primo presidente della neonata società fu Salvino Lagumina, allora presidente di Sicindustria.

Piacenza autarchico e tutto italiano degli anni ’90, sempre a lottare per non retrocedere, ma sempre pronto a ripartire dalla serie A l’anno successivo? Bene ricordatelo, perché da oggi non c’è più. La società emiliana, infatti, dopo essere stata nefasta protagonista del calcio scommesse non è riuscita a trovare un acquirente per far quadrare un bilancio che dire in rosso risulterebbe un eufemismo.  Durante l’asta, svoltasi il 19 giugno, la cifra per salvarla si aggirava intorno ai 500.000 euro: nessuna offerta, aula deserta e fallimento dichiarato. Ora i tifosi, di questa squadra nata nel 1919, hanno fondato un comitato chiamato “Salva Piace” e stanno facendo i salti mortali per garantire alla loro città di giocare  nei dilettanti.

Triestina: anche di storia nel calcio italiana ne ha fatta tanta. Addirittura un secondo posto nel massimo campionato nell’anno  47/48. Poi una lunga debacle che l’ha portata al fallimento del 1994. Remi in barca e ripartire, così devono averla pensata gli alabardati che fino all’anno scorso sono sempre riusciti a fare dignitosi campionati di Lega Pro. Nel campionato scorso però, ancor prima della sua conclusione, il tribunale civile di Trieste accerta che la società ha debiti per oltre 5 milioni di euro avviando le procedure di fallimento. Anche in questo caso diverse aste per mantenere il titolo, ma nessun compratore.

Ecco allora a metà giugno l’ufficializzazione del fallimento e cancellazione definitiva dai campionati professionistici italiani. Nel frattempo Nereo Rocco ha cominciato a rigirarsi nella tomba.

Verona: Gli anni novanta furono infatti molto difficili per il club che in seguito ad una pessima gestione societaria fallì nel 1991, on i giocatori e l'allenatore Fascetti che terminarono comunque la stagione ottenendo un'insperata promozione in serie A nel 1991. La squadra retrocesse però di nuovo la stagione successiva, con diverse giornate di anticipo. Ebbe così inizio un'altalena tra la serie A e B che durò fino al 1999. Nel 1995 il club acquisì nel frattempo il nome Hellas Verona FC che mantiene ancora oggi (dopo aver usato per quattro anni il nome Verona Football Club  in seguito al fallimento e alla rapida rinascita del 1991). Cesare Prandelli, tecnico del vittorioso Verona nel campionato di Serie B 1998-1999 Dopo due promozioni (1990-1991 con Eugenio Fascetti e 1995-1996 con Attilio Perotti) seguite da immediate retrocessioni, la vittoria nel campionato di Serie B nel 1998-1999 sotto la guida del rampante Cesare Prandelli (il quale mise insieme quell'anno una striscia di 8 vittorie consecutive tra la 6ª e la 13ª giornata, record che verrà poi battuto da Mandorlini) sembrò aprire una nuova fase nella storia del club.

Taranto alcune settimane una falsa notizia aveva fatto credere tutti i tifosi di un incredibile ripescaggio in serie B, tanto da farli scendere in piazza esultanti e festeggianti. Una burla e anche di pessimo gusto. La società di proprietà di Enzo D’Addario, tra l’indebitamento di oltre 10 milioni d’euro e un’infinita serie di mensilità non pagate ai propri giocatori, è invece fallita e non sa ancora se riuscirà a ripartire da qualche serie dilettante. Il Taranto, con questa, è la terza volta che fallisce. Un consiglio: non provate a dire ai tifosi rosso blu che il 3 è un numero perfetto.

SPAL: è un pezzo di storia: fondata nel 1907, negli anni 50 era una presenza fissa della Serie A del tempo. Poi tanti anni di B a cavallo del ’70 e ’80 e nuove retrocessioni che, però, l’hanno sempre fatta rimanere nelle serie professionistiche (C1 e C2) senza mai farla scendere tra i dilettanti. Anche un fugace ritorno  in serie B nella stagione 92/93. Quest’anno la squadra perde i play out con il Pavia e, sulla carta, doveva ripartire dalla Lega Pro Seconda Divisione.

Purtroppo, però, i conti in rosso della società non sono riusciti a salvarla dal fallimento. Eccola quindi ripartire dai dilettanti. L’acronimo della squadra di Ferrara significa Società Polisportiva Ars et Labor.

Lucchese, fondata nel 1905, è invece fallita già da marzo. In questi giorni però si è verificato un caso storico per il calcio italiano: l’11 luglio si è tenuta l’asta e constatando l’assenza di altre offerte si è deliberato la vendita dei beni e del marchio all’unica componente che ha presentato un offerta la cooperativa dei tifosi denominata Lucca United. Con questo nome, infatti, si rappresenta una cordata di tifosi che, innamorati della propria squadra, sperano di riportare il calcio a Lucca nelle serie che contano. Mai prima d’ora una squadra in Italia è stata sotto il totale controllo di semplici appassionati.

Foggia: Un tempo era quello di Zeman, quello del calcio spettacolo e quello di Rambaudi, Baiano e Signori. Dopo è stato quello di una modesta squadra che vivacchiava nella Lega Pro. Una retrocessione in seconda divisione, una promozione in prima, qualche play off (perso) e una piazza che ogni anno chiedeva di tornare quella di un tempo. Il Foggia però è riuscito a cadere ancora più in basso. In un atroce lunedì di luglio scompaiono 92 anni di storia. I rossoneri pugliesi sono, infatti, falliti lo scorso 16 luglio, ripartiranno dai dilettanti. Una caduta negli inferi per una squadra che, ironia della sorte, ha come simbolo il diavolo.

Fiorentina: Il 1º agosto 2002, per opera di Diego Della Valle e Leonardo Domenici (all'epoca sindaco di Firenze) nasce la Fiorentina 1926 Florentia (in forma di società a responsabilità limitata) che rileva l'Associazione Calcio Fiorentina, estinta a causa del fallimento: questa, retrocessa in Serie B sul campo, fu ulteriormente declassata per indampienze finanziarie che fecero saltare l'iscrizione al campionato cadetto. La partecipazione al Campionato di Serie C2 si concluse con la vittoria del torneo, con dodici punti di vantaggio sul Rimini, e la conseguente promozione in Serie C1. Il 19 maggio 2003, dopo l'acquisizione del marchio e dei colori sociali da parte di Della Valle, la società riprese il vecchio nome.

Ma se l'Italia piange altri gloriosi club hanno dovuta pagare caro il crack finanziario. E’ il caso Rangers Glasgow. Il più titolato club di Scozia, dopo una storia lunga 139 anni, ha rischiato di non farcela più. Anche in questo caso conti e bilanci avevano raggiunto tinte catastrofiche, tanto da far dichiarare, in un primo momento, il fallimento e la conseguente scomparsa dal professionismo. Questa volta, però, il miracolo è avvenuto: Il 13 luglio, infatti, ecco la comunicazione che la squadra protestante di Glagow è riuscita perlomeno ad iscriversi all’ultima serie del professionismo scozzese: la Division Three.

Levante e Portsmouth (tutte e due nella massima serie) hanno vissuto la stessa fine, pur riuscendo a salvare il salvabile.

Ora la domanda che vi poniamo è: al di là del lato umano, è giusto salvare in qualche modo il Parma, magari solo per salvare la faccia a qualcuno? Ricordando che il Parma è già stato salvato una volta ai tempi di Tanzi, quando allora anche altri grossi club, però, avevano debiti infiniti (vedi Lazio) e furono tenuti in vita. Una ingiustizia anche questa: o le regole valgono per tutti, oppure questo Paese sarà sempre lo stesso.

"©Mondoudinese

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