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Zico e Di Natale, così vicini così lontani | Video

Di Natale re di Udine, ma Zico re del mondo, o almeno quasi: perché se la storia lo annovera tra i cinque grandi che ne hanno segnato la storia (assieme a Maradona, Platini, Pelè e Di Stefano, non ce ne abbiano gli altri), la storia dice che non...

Monica Valendino

Di Natale re di Udine, ma Zico re del mondo, o almeno quasi: perché se la storia lo annovera tra i cinque grandi che ne hanno segnato la storia (assieme a Maradona, Platini, Pelè e Di Stefano, non ce ne abbiano gli altri), la storia dice che non ha vinto molto a livello internazionale. Col Flamengo sì, lì ha costruito una squadra unica, che dal 1974 - senza vendere giocatori come lui stesso ha sottolineato - al 1979 ha dominato in Brasile. A Udine si dice sia arrivato vecchio: balle, era arrivato motivato e con una grande squadra, solo chela società era ambiziosa sì, ma anche con fondamenta fragili.

Di natale è un campione italiano: non ha vinto né fuori nP con l'udinese, dove però ha raggiunto quasi Baggio nella classifica marcatori. Qualcuno, specie nelle generazioni nuove, si chiede perché il galinho è ancora un simbolo per il Friuli.

La risposta sta nella sua storia, quando nella stagione 1984/84 giunse a Udine.

Era il 1983 e Vasco lanciava Vita spericolata: forse è vero che le cose buone durano e dopo gli ‘anta’ non ce ne sono state poi molte.

In quell’anno la Procura di Roma non considera associazione a delinquere e scagiona imputati appartenenti alla Loggia massonica P2. Tra gli iscritti a quella loggia per chi non lo sapesse c’erano figure ancora oggi in auge come Costanzo o Berlusconi. In concomitanza con quegli eventi c’è il crack del Banco Ambrosiano, con Roberto Calvi che poco dopo venne trovato impiccato sotto il Ponte dei frati Neri nel centro di Londra.

Era il 1983 ed Enzo Tortora venne tirato in ballo ingiustamente da un pentito e sedicente tale che tra le centinaia di nomi di camorristi decise di mettere anche quello del presentatore che fu condannato, e qualche anno fa morì anche e forse a causa dell’ingiustizia fatta.

Era il 1983 ed Emanuela Orlandi spariva senza essere mai più trovata: ancora oggi le sue foto girano nella capitale.

Alle Politiche di giugno il Pci arriva quasi al 30% a due punti dalla Dc. Ma il concordato storico, tanto sognato da Moro, e per il quale probabilmente pagò con la vita, era distante, molto distante, nonostante le aperture di Enrico Berlinguer. Nasceva però il famoso Pentapartito, terminato solo dopo Tangentopoli.

Era il 1983 e Reagan iniziava a creare il progetto Scudo Spaziale: ancora oggi se ne parla e crea tensioni anche se l’Urss non esiste più.

Era il 1983 e Beirut era incendiata dagli attentati e dalle bombe. Ma ci sono come detto anche altre piccole grandi storie che hanno movimentato l’animo di molti.

E il calcio – da sempre specchio della società – ne è testimone. La Roma di Viola aveva appena vinto lo scudetto, l’Udinese dopo che la provincia era stata devastata dal terremoto del ‘76 ancora si leccava le ferite, ma un imprenditore di successo, Lamberto Mazza, stava preparando qualcosa di unico.

Era l’estate del 1983, una estate calda come detto. E lo sarebbe stato ancora di più a Roma e ad Udine, specie per i tifosi delle due squadre: perché due colpi di mercato che avrebbero cambiato il corso degli eventi erano nelle previsioni di Mazza e Viola che avevano individuato in due campioni brasiliani i loro obiettivi.

Non erano campioni qualunque: uno si chiamava Cerezo e Viola lo voleva affiancare a Falcao, l’altro Zico, il più grande di tutti, che Mazza e Dal Cin avevano bloccato con una operazione di mercato unica.Ma i sogni non sempre son desideri che si realizzano: anzi il più delle volte occorre lottare. E se nel 1983 le piazze si riempivano ancora per la politica e per le lotte sociali, anche per il calcio servì mobilitarsi.

Perché quel nome, Zico abbinato a quell’altro, Udinese, proprio non andava giù a qualcuno: troppo grande lo smacco. Chissà, forse se Zico finiva nel mirino della Roma e Cerezo in quello dell’Udinese non sarebbe successo nulla. Forse, perché le cifre di questi due acquisti mobilitarono non solo chi occupava le poltrone politiche ma anche quelle di chi si occupava di altri campi. Con l’inflazione che saliva, la cassa integrazione, la crisi petrolifera appena passata, perfino Luciano Lama, a capo della Cigl scese in piazza perché i miliardi (4) di vecchie lire che le due società dovevano pagare per assicurarsi i loro sogni erano uno smacco verso tutte quelle persone che non arrivavano a fine mese. E così le piazze si riempivano.

Chi non c’era e pensa alle cifre che circolano oggi non ci crede, ma è tutto vero: Zico costava quanto oggi potrebbe costare Sissoko (quello che non ha visto ancora il campo).

Così le piazze si riempirono e il dibattito si infiammava, con la compiaciuta partecipazione dell’allora presidente federale Sordillo, che continuava a negare il trasferimento.Era una estate calda però e Udine che voleva alzare la testa, così come tutti quelli che si sentivano offesi per le ingiustizie, decise di scendere in piazza. Più volte, ma una soprattutto è nella mente di tutti quelli che l’hanno vissuta quell’estate. Era pomeriggio, e Piazza Venti Settembre si riempì come non accadeva da molto, moltissimo tempo.

E spuntarono perfino cartelli con la minaccia di passare all’Austria se Zico, il sogno, fosse stato negato.

Già perché il calcio è sogno, e acquisti così da sempre illudono, fanno dimenticare perfino la cassa integrazione, perché l’oppio vero è questo piccolo grande gioco, tanto umano quanto perfetto, che illude e fa pensare che c’è una squadra che comunque difende il tuo nome. Era il 1983 e i tifosi di Roma e Udinese si vedevano infrangere i loro sogni: dovette intervenire Sandro Pertini, Presidente della Repubblica, che in una intervista disse che erano bravi ragazzi, che male c’era se arrivavano in Italia. Ci volle un Presidente per far decollare i sogni.Nascevano così dalla polvere delle piazze i sogni di vittoria di due tifoserie.

Il Friuli si riempì d’orgoglio e riempì lo stadio come non mai accadde dopo, nemmeno quando l’Udinese molti anni a seguire, raggiunse la Coppa Campioni. Poi però non sempre i sogni hanno lieto fine: ma se per la Roma Cerezo fu un acquisto dimenticato dai palazzi, non fu così per l’Udinese e per Zico.

L’epilogo lo conoscono tutti e non occorre forse ricordarlo. Quel sogno però rimane ancora uno dei più belli mai fatti, e quel che accadde in quel 1983 forse fu una vera piccola grande rivoluzione, l’ultima, perché oggi di voglia di scendere in piazza non ce n'è più. Ne per la politica, né per i problemi sociali, né per il lavoro che non c’è, né tanto meno per il calcio, specchio come sempre di una società.

C'è però un momento magico in cui le due storie si incontrarono: nel novembre del 1983 va in scena proprio Udinese-Roma, che si replicherà per l'ennesima volta la settimana prossima al Friuli. Partita che sembra avviata verso il pari finché Causio non inventa una giocata da campione del mondo e Zico non la materializza da campione assoluto quale era. Il tripudio, il sogno che ancora serpeggiava, la folla esaltata. Oggi, a tanti anni di distanza si incontreranno di nuovo Udinese e Roma: ne è passata di acqua sotto i ponti, ora le squadre, i club, sono aziende. Una degli americani l'altra di un friulano trapiantato in Spagna.

Oramai c'è chi le chiama aziende e sarà anche per questo che è difficile affezionarsi o trovare aneddoti e ricordi che vadano al di là della mera e noiosa partita. Si giocherà per il vertice, come accadeva nel 1983, ma c'è una differenza sostanziale nella società, nel pubblico, nelle squadre, al di là dei loro valori. Provate a pensarci: per rivedere quell'azione formidabile che segnò la vittoria bianconera i collezionisti di calcio hanno dovuto aspettare anni, tanton era complicato procurrasi immagini. Oggi tutto viene divorato in un attimo. Tutto è a disposizione subito, basta un clic su Youtube o basta guardare l'onnipresente televisione. Ecco, forse la differenza tra oggi e allora non è il valore della classifica: è la mancanza di emozioni, quelle che alla fine portano gente nelle strade e ancor di più negli stadi. Pozzo vorrebbe riportare quella passione che manca proprio da quei tempi. L'ha notato anche Italo Cucci, decano dei giornalisti italiani: a Udine sembra di assistere all'Aida, forse con il nuovo stadio trattenendo qualcuno invece di venderlo si potrà tornare ad appassionarci.

Ecco questo, forse, aiuta a spiegare perché Zico e Di Natale sono così vicini e così lontani: il primo ha passato due anni a Udine segnandone la storia, Di Natale ha scritto al storia in 10 anni, rinunciando a grandi offerte (anche se con la Juve è stato davvero a un passo dal trasferimento qualche stagione fa), ma ancora non ha saputo trasformare il suo genio in ricordi da raccontare ai nipoti. Forse la differenza sta qui o forse in quel mondo che gli sta attorno. Allora Mazza era ambizioso e senza basi solide, oggi Pozzo pensa alle fondamenta e speriamo che il nuovo stadio, come ha detto, siano tali.

Intanto il presente è Strama: non ha una grande squadra come quella di Zico o recenti Udinese viste. Ma a Genova ha dimostrato che la classe operaia sa andare in paradiso. Perché Udine sarà sempre operaia, come ha detto De Biasi per la sua Albania, ma deve anche guardare il cielo.

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©Mondoudinese

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