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Gazzetta: Pordenone, città dei sogni

La forza economica dei Lovisa padre&figlio, la “fame” di un allenatore come Tesser, il sostegno dell’8° polo industriale italiano: ecco come un piccolo club può essere 2° in B

Redazione

Tutto nasce con le barbatelle. Come i tralci di vite piantati per dar vita alle vigne, anche il Pordenone secondo in B nasce da un innesto particolare. Era il 2007: nel 2003 fu escluso dalla C2 e la rinascita era complicata, l’allora sindaco-tifoso Sergio Bolzonello raggruppò un po’ di amici per ripartire dalla Promozione con un nuovo progetto. Che nel 2007 ha trovato il tralcio giusto: Mauro Lovisa, che con le barbatelle ha fatto una fortuna, ha cominciato a costruire il club che oggi, se alza la testa, davanti vede solo il Benevento. È il punto più alto della sua storia, è per la prima volta in B e un po’ in A si sente già, perché gioca alla Dacia Arena di Udine.

Il timbro del pres

Lovisa condivide la metafora: «La pianta va coltivata nel tempo. La barbatella dura un anno, poi nasce il vigneto. E noi riusciamo a far produrre la squadra anche dopo tanti anni. Ci poniamo sempre nuovi obiettivi trovando forti motivazioni, imparando da quelli più bravi: vedi il Cittadella, mi auguro di fare solo un filo meglio. E l’Udinese: tanti anni di A per una città così è un grande traguardo. Il calcio non è un’azienda normale: piccole sfumature fanno la differenza. E bisogna lavorare: questo secondo posto non ci deve far rilassare, anzi». Lovisa ha tre soci storici come Giampaolo Zuzzi, Maurizio Orenti e Carlo Vendrame e uno fresco come Omega Group; ha lanciato il crowdfunding che ha fruttato solo 250mila euro («abbiamo fatto degli errori, potremo rifarlo meglio») e due figli nel calcio: Alessandro (2001) gioca nella Fiorentina Primavera e Matteo (1996) si occupa delle scelte tecniche del Pordenone: «Tesser è mio amico da anni, ma a volerlo è stato Matteo».

Il baby manager

Dunque c’è un ragazzo di 23 anni dietro ai successi del Pordenone. Matteo Lovisa ne dimostra di più: «Ho questa passione da sempre e 4 anni fa abbiamo cominciato un percorso con mio padre. Non abbiamo il budget di altre squadre, cerchiamo di avere le idee migliori. Vedo tante partite, e magari seguendone una scopri qualcosa di nuovo: l’anno scorso ero a Südtirol-Ternana per un giocatore del Südtirol ma ho notato Pobega e...». Oggi il centrocampista scuola Milan è tra le rivelazioni della B. Accanto a Matteo c’è l’ex capitano Emanuele Berrettoni come d.s.: «Lui nei giocatori predilige la qualità, io gamba e forza, per questo andiamo d’accordo. E poi rendo Tesser partecipe di ogni scelta, ma se sbagliamo un giocatore la colpa è mia».

Il tecnico specialista

Già, Tesser. Il tecnico che in 2 anni portò il Novara dalla C alla A e che ci ha provato anche a Cremona, adesso trascina un’altra neopromossa ai vertici della B: «Il mio carattere non conosce la rivalsa, il mio carattere è solo la voglia di lavorare. Sono venuto qui per rabbia, non mi andava com’era finita a Cremona. Ho vinto 4 campionati in 9 anni, oggi a 61 anni ho lo stesso entusiasmo di quando ho cominciato». Se si parla di doppio salto, frena: «La classifica è corta e la B è pericolosa. Come a Novara, anche qui abbiamo tenuto il blocco che ha vinto la C. Bisogna avere rispetto delle grandi e dare qualcosa in più». È nato a Montebelluna e vive a Udine, qui è a metà strada: «È vero, torno a dormire a casa mia, però sono stato bene ovunque: non bacio le maglie, non vado sotto le curve, ma la gente mi vuole bene. Perché lavoro, e qui la proprietà trasmette una grande cultura del lavoro. Sono fiero di poter giocare alla Dacia Arena, l’Udinese è un alleato che ci porta un migliaio di tifosi che a Pordenone non avremmo».

Il sindaco

Il calcio dona lustro a Pordenone, nota a tanti per le caserme e comunque ottava Confindustria d’Italia. Il sindaco Alessandro Ciriani è fiero: «Qui c’è un’alta qualità della vita. Il Pordenone ha trovato un presidente generoso, è una bella vetrina e si è visto dopo la Coppa Italia con l’Inter: a livello nazionale si è parlato di noi solo per... Unabomber (il bombarolo seriale che colpiva da queste parti, ndr)». Peccato dover giocare a Udine, il vecchio Bottecchia non è adatto: «Il nuovo stadio è una necessità. Occorrono i fondi, teniamo un profilo basso per scaramanzia». Lo criticano perché non va alle partite: «Da ragazzo andavo in curva, adesso gli impegni istituzionali sono molti, non a caso saremo una delle poche città ad approvare il bilancio prima di Natale. Ma presto ci andrò».

L’ispiratore di tutto

Non manca mai alle partite invece Sergio Bolzonello, oggi alla Regione dopo 15 anni da sindaco. «Sono molto attivo sugli spalti - racconta - anche se alla Dacia Arena gli eccessi sono... limitati». È lui che ha trovato la barbatella giusta in Lovisa: «Il progetto puntava su settore giovanile e centro sportivo: il De Marchi l’ho disegnato io. Poi è arrivato Lovisa e il merito è tutto suo: nel 2007 parlavamo di A e ci prendevano per matti. Invece è cominciato un lavoro serio e non sono stupito dai risultati: ora cerchiamo di allargare la società». Senza fare concorrenza a Udine: «Il Friuli è Udinese-centrico, per noi è una fortuna giocare in quello stadio: per quello nuovo decidiamo entro il 31 gennaio. Serve anche per coinvolgere il Veneto: Pordenone è venetofona, ma i veneti fino a Udine non vengono». Bolzonello è un combattente, ricorda Pobega: «No, lui è troppo bravo. Io dico Stefani: per anni è stato in prima linea, adesso non gioca ma tira lo stesso il gruppo...». (Gazzetta dello Sport)

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