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A piccoli passi…verso la salvezza

A piccoli passi, come quelli di pollicino, l’Udinese di Stramaccioni procede sicura; non riesce più ad allungare la gamba come faceva a inizio campionato; L’Udinese di questi tempi è una creatura che riesce a mantenere...

Monica Valendino

A piccoli passi, come quelli di pollicino, l'Udinese di Stramaccioni procede sicura; non riesce più ad allungare la gamba come faceva a inizio campionato; L'Udinese di questi tempi è una creatura che riesce a mantenere l'equilibrio, con qualche difficoltà, e ad avanzare con prudenza; E' come un bimbo di 15 mesi, cammina, zampetta, ma non riesce a correre, figuriamoci a spiccare il volo. Troppe le incertezze, e pochi i punti di riferimento, ancora per il momento. Le incertezze su chi deve  organizzare la manovra, e veicolare la fluidità dei passaggi. Il lancione lungo delle retrovie è un virus che non è stato del tutto debellato. Pare si sia incancrenito nei binari del dna di questa squadra. Un comodo pagliativo che ti fa passare la paura, e allontana gli spettri e gli imbarazzi di dover manovrare, accarezzare, ispirare, con il pallone tra i piedi. I punti di riferimento, sono la qualità, che manca, e la personalità in certi frangenti. Le incertezze non sono altro che la diretta conseguenza. Stramaccioni  disegna la squadra con un centrocampo nel quale gli effettivi sono dispiegati a rombo: Allan vertice basso, Pinzi mezz'ala destra, Badu quella sinistra, e Guillherme (l'unico di qualità) a fare da collante tra i reparto della  mediana e quello d'attacco. Il brasiliano era stato provato nell'amichevole di sabato scorso contro la Stella rossa di Belgrado, e in un'amichevole di commiato, al netto di pressing avversario, il test era andato a buon fine: il brasiliano possiede indubbie qualità di palleggio e dell'arte dei lanci cambio campo. Nella seppur declassata serie A, però, il pallone rappresenta ancora un osso troppo succulento per non essere assaltato da troppi cani nell'arena del centrocampo. Insomma tempi di giocata e coefficiente di errori sono  elevati, a meno che non possiedi un cervello abbastanza veloce per eluderli. Il brasiliano in questo ha ancora un pò da lavorare. Insomma, non ha ancora superato il fuso orario brasiliano.

Si farà. Al momento, però, in attesa di Konè, il meglio che può proporre la mediana bianconera, è il trio che tanto fa rabbrividire gli esteti pallonari che gonfiano le fila dei tifosi bianconeri: Pinzi, Allan, Badu. Un trio che fa del dinamismo e della grinta la loro arma migliore. Grinta e dinamismo sono fiamme calde, e finchè ardono il centrocampo bianconero va. Nel primo tempo i tre mediani accompagnati da un Piris intraprendente a destra e da un Domizzi che accompagna con i suoi tempi, pressano con tempismo, recuperano palla alta, ne mantengono il possesso nella trequarti avversaria, e fanno soffrire il Chievo di Maran, che fatica a riorganizzarsi, corre a vuoto e spesso non esce dalla propria metàcampo.

L'Udinese mostra 25-30 minuti di intensità, buon palleggio (nonostante i mediani), grazie anche alle due punte che a turno si abbassano ad offrire la sponda, mattone indispensabile per avanzare metri con la manovra, e trova conclusioni importanti : Di natale destro a giro al 15' ,Badu con esterno in caduta (sfiora il gollonzo), e pure il gol con Danilo, annullato per fuorigioco millimentrico. La squadra si allunga e sbanda solo in una circostanza, ma rischia la pelle con la doppia conclusione di Pellissier e Birsa, murate dagli interventi di Danilo e Karnezis. Insomma un primo tempo che avrà soddisfatto a pieno Stramaccioni. Forse solo con l'Atalanta aveva ammirato la stessa intensità, padronanza del gioco, e fluidità nei passaggi. Una prima frazione perfetta, poi, perchè culminata con la rete numero 200, in 400 gare, di Totò Di natale, (complimentoni sinceri all'uomo e al campione), che giunge allo scadere di un primo tempo dominato da parte dell'Udinese; doppiamente fortificante poichè giunto appunto allo scadere, e si sa l'importanza che può rappresentare una marcatura giunta in tale intervallo di tempo.

La squadra operaia di Stramaccioni dura però un'ora. Il tempo che Badu e Piris (reduci dagli impegni nazionali) calino la garra, e che la squadra abolisca il pressing alto, e il Chievo, con le dovute corezzioni dalla panchina, riprende a respirare, e a guadagnare metri. Stramaccioni dal canto suo, gioca a cambiare pelle alla sua creatura, e come a Palermo, al primo cambio (Badu per Widmer), stravolge il disegno tattico, passando a tre, inteso non come la rete di telefonia, ma lo schieramento difensivo. L'Udinese si sfilaccia, sia allunga, perde  le certezze che il 4 3 1 2 le aveva fin li promesso,  perde in manovra  e metri di campo. Successivamente entra Fernandes, per lo stanco Piris, e quindi Alexis Zapata (all'esordio), per un cotto Pinzi, finendo di nuovo a quattro dietro  con Widmer a fare il terzino basso, in un 4 3 2 1. Insomma, ad ogni sostituzione un cambio di modulo, che la squadra fatica a digerire. In questo contesto è più difficile mantenere le distanze giuste tra i reparti, visto che anche la stanchezza pure non aiuta, e i ragazzi si smarriscono. Nella logica, del calcio , come nella guerra, le incertezze tue rappresentano le certezze dell'avversario, il quale annusato che l'Udinese si è auto inceppata, prende vigore, coraggio, e grazie all'ingresso di Maxi Lopez, e Bellomo, avanza di metri. Il chievo non riuscirà mai a penetrare pericolosamente nell'area friulana, ma colpirà dalla distanza, e in uno di questi bombardamenti, Radovanovic, pesca il jolly che fisserà il punteggio.

L'Udinese non avrà più ne la forza, ne le idee per poter far male,e il pari alla fine si concretizza come il risultato più giusto. Daltronde, se a ll'Udinese togli elementi di qualità come Kone, Muriel,  al netto di Di natale, calando pure la vigoria dinamica del centrocampo di mastini, e le certezze tattiche di un modulo che cambia ad ogni starnuto, è una squadra del livello del Chievo. Stramaccioni può sbandierare 18 punti in classifica, e non sono pochi tutto sommato, vista la forza di questa squadra. Quando recuperà giocatori come kone Muriel e Gabriel Silva, avrà più frecce al suo arco, ma è doveroso che si renda conto che la squadra ha bisogno di certezze tattiche, per trovare spregiudicatezza di manovra. Cambiare (come a Palermo), il vestito tattico, ogni volta che si opera una sostituzione, rischia di portare solo confusione, e avvantaggiare l'avversario. Ad un certo punto il Chievo ieri ha persino accarezzato la possibilità di vincere. Insomma, abbiamo detto tutto.

 

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