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Il mezzo sorriso di Totò

Una goccia, una cellula, per domostrare cos’è il calcio e distillarne la bellezza. Il gol numero 200 – meraviglioso per tecnica, per rapidità di pensiero e di piede, per precisione – vale un tesoro a livello statistico, ma ancora di più...

Monica Valendino

Una goccia, una cellula, per domostrare cos’è il calcio e distillarne la bellezza. Il gol numero 200 – meraviglioso per tecnica, per rapidità di pensiero e di piede, per precisione – vale un tesoro a livello statistico, ma ancora di più come condensato di un campione. E non finisce qui perchè Antonio Di Natale è l’uomo dei piccoli passi inesorabilmente percorsi, così spostando sempre più in avanti le leggi dell’età: gli anni che s’inchinano alla classe. Deve farne altri sei di passi per superare un mito come RobyBaggio, ma non è soltanto il dato storico, che lo consegna per sempre agli annali, a gridargli che non deve fermarsi. Sappia Totò (ma di sicuro lo sa) che è uno dei pochi rimasti in circolazione per cui valga ancora la pena varcare l’ingresso di uno stadio, o comprare una maglietta da regalare al nipote. Quell’attimo, il suo attimo, non ha prezzo per chi il calcio l’intende non soltanto come espressione muscolare o contrapposizione tattica.

L’Udinese, un’Udinese maldestra anche come “cameriera”, non lo aiuta, gli azzoppa la festa, presentandosi nuda davanti al cecchino serbo Radovanovic che tira solitario la cannonata del pareggio. Una brutta Udinese, messa ancora sotto sul piano del gioco e dell’organizzazione (una costante, dal Parma in su… ): non sappiamo dove Stramaccioni abbia colto i progressi di cui ha parlato nel dopo partita. Si è spinto oltre, l’allenatore, chiedendo rinforzi invernali per poter variare i temi d’attacco, ora che Muriel è di nuovo ai box almeno sino a fine anno, né si sa se e come procederà in futuro la sua problematica maturazione.

Ben vengano forze nuove, ma prima sarebbe il caso che Stramaccioni mettesse decisamente mano a quel centrocampo scombicchierato in cui non si capisce chi debba fare cosa, dove non si corre senza palla, dove il presunto regista (?) non trova un appoggio smarcato per mandare avanti il gioco, dove nessuno si degna di allungare il raggio d’azione per presentarsi al tiro. Non osiamo immaginare cosa ne sarebbe dell’Udinese senza Thereau, l’unico che suda e si danna per smarcarsi, per creare un minimo di collegamento e togliere peso dalle spalle di Di Natale. Buon per Stramaccioni che domenica allo stadio non ci fosse Pozzo, bloccato a casa dal colpo della strega. Altrimenti sai che tuoni…

Ora bussano le trasferte di San Siro, prima il Milan e poi l’Inter. Qui, forse, si creeranno condizioni migliori per l’Udinese, posto che la partita dovranno farla gli altri, meglio se condita da presunzione. Qualche punto potrà arrivare, ma in ogni caso non saranno quelle le partite da sentenza. Bisognerà aspettare il Verona al Friuli, nella penultima partita dell’anno, per capire se sul “manico” non ci siamo sbagliati. (Cibis - Tremilasport)

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