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Stankovic: Strama? Dobbiamo solo seguirlo!

Dejan ‘Deki’ Stankovic, braccio destro di Andrea Stramaccioni, è fin dal suo arrivo delegato anche a fare il vero ‘dodicesimo uomo’. La sua esperienza nello spogliatoio è fondamentale, in fondo lui si sente ancora...

Monica Valendino

Dejan 'Deki' Stankovic, braccio destro di Andrea Stramaccioni, è fin dal suo arrivo delegato anche a fare il vero 'dodicesimo uomo'. La sua esperienza nello spogliatoio è fondamentale, in fondo lui si sente ancora calciatore.  «Sono un realista, sono sempre stato così. Per questo non mi sono assolutamente pentito della mia scelta - ha affermato al Messaggero Veneto - . E devo dire che non è mai successo nella mia vita da calciatore prima e da allenatore adesso. Devo spiegarmi bene: quattordici mesi fa potevo diventare presidente della Federcalcio in Serbia, ma non ho accettato perché non era il momento giusto per me in quel ruolo. Così quando Andrea Stramaccioni mi ha proposto di fargli ha vice ho accettato nel giro di una giornata: è una grande opportunità perché posso crescere, fare esperienza e quindi mettermi nelle condizioni di scegliere davvero. Non dico quanto quella voce di un’offerta per diventare ct della Serbia fosse vera, dico che quando accetterò quella panchina lo farò perché sarò in grado di guidare la nazionale grazie alla mia esperienza, senza aiuti esterni. Ho 36 anni, c’è tempo».

Stankovic però non ci sta quando gli si chiede se a Strama manca proprio esperienza:  «È una scusa. Se volete utilizzarla dite pure che Andrea non ha esperienza. Lo dite perché è giovane come allenatore? O perché siete condizionati dai risultati? Io rispondo che questa argomentazione non sta in piedi: ha fatto anni e anni di settore giovanile, ha allenato l’Inter e adesso è qui. E sta cercando di mettere in pratica il suo calcio. Io ho scelto di fargli da vice perché lui è per il calcio moderno. Strama il calcio ce l’ha qui (e mostra il dito mignolo della mano sinistra, girando una sorta di filo intorno con la destra, ndr). Dobbiamo solo seguirlo. Questo sport è strano perché per dieci centimetri o per un minuto in più, tutto cambia. E questo condiziona anche i giudizi. Quelli dei tifosi. Quelli della stampa che magari si sofferma su alcuni aspetti che, invece, dall’interno, tu capisci che sono poco rilevanti. La pressione? Anche qui si avverte, anche se in altra forma rispetto a Roma o Milano, ma senti anche la passione che coinvolge i nostri tifosi. Ecco, a questa Udinese manca un po’ di carattere. Io parlo spesso con questi ragazzi, li ascolto, li osservo: sono professionisti esemplari, anche i più giovani, ma a volte manca quel pizzico di carattere che ti porta a fare risultato».

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