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Tudor: “Vorrei provare a cambiare stile”

Tudor: L’obiettivo è la salvezza. Inutile stare a fare altri discorsi. Siamo quelli e la storia degli ultimi due-tre anni dice che ci siamo salvati a fatica.

Redazione

«La fiducia di Gino Pozzo l’ho sentita, l’ho percepita e fa piacere». Così Igor Tudor si racconta alla Gazzetta.

Lei sembra sempre molto zen, rilassato, tranquillo... «Non mi conosce... Sono ansioso pure io, lei non mi vede in spogliatoio. Il risultato in questo mondo ti può cambiare la vita in cinque minuti. E quindi ti abitui a tutto. Ma non sono un santo. Sicuramente sono molto migliorato in questi cinque, sei anni».

Era una testa calda? «Non ero uno di quelli più facili».

E’ andato dallo psicologo? «No, quello no. Mia moglie Stefania è stata molto importante. Poi col tempo cambi e cresci».

Parliamo dell’Udinese: la attende un compito non semplice. Però stavolta non entra a campionato in corso. «C’è il bello e il brutto. È un work in progress. Il mercato aperto complica le cose. Prima che finisca si giocano due giornate. E questo crea non poche difficoltà».

E già allena 37 giocatori. «E’ chiaro che contemporaneamente non posso allenarli tutti. Divido in due gruppi. Ma senza lasciar da parte nessuno. Chiaro che le partitelle o i “possessi” dieci contro dieci non puoi farli con tutti».

Il nodo più grosso dell’Udinese è Rodrigo De Paul, titolare in Coppa America con l’Argentina, in attesa di essere venduto. Ma costa 40 milioni. «De Paul è stato metà dei nostri punti, tra gol e assist. Chiaro che bisognerà vedere cosa succede con lui».

E’ davvero così forte? E perché? «E’ completo. Ha qualità, personalità, testa, fisico, voglia di lavorare. Quando queste doti le hai tutte sei forte. Lo vedo dappertutto, può fare tanti ruoli».

Dove vede, invece, l’Udinese? «L’obiettivo è la salvezza. Inutile stare a fare altri discorsi. Siamo quelli e la storia degli ultimi due-tre anni dice che ci siamo salvati a fatica. O fai la rivoluzione con cinque titolari nuovi, o resti realista. Anzi, il campionato che verrà sarà ancora più difficile. Lavoro per preparare al meglio la squadra. E l’unica cosa che conta è prendere punti».

Come? «Mi aspetto una crescita di ogni singolo giocatore. Voglio vedere crescere tutti e non smetto mai di dare consigli».

I difensori che allena le chiedono del suo passato? «No. Non capita. Oggi il ruolo del difensore è cambiato. Fa più il playmaker e poi si gioca sempre a un ritmo più alto, con maggiore intensità».

Nello scorso campionato quale squadra l’ha particolarmente impressionata? «L’Atalanta. Strepitosa. Ha fatto più di 100 gol in stagione. Gente di motore, che si è adattata al calcio di Gasperini. Poi quei tre davanti, Ilicic, Zapata e Gomez, hanno fatto grandi cose. Chapeau Gasp».

Lei in ritiro ha pensato a un cambio di sistema che ha provato in amichevole. Dal 3-5-2, modulo dell’Udinese da anni, al 3-4-2-1. Con qualche difficoltà per ora. «Si dà troppa importanza ai moduli invece che allo stile di gioco, che è quel che conta di più. C’è troppa superficialità. Semplicemente si tratta di stare 10 metri più avanti, o 10 più indietro. Vorrei provare a cambiare stile e cambiarlo significa non buttare la palla, pur non rinunciando ad avere una squadra tosta, in cui tutti corrono. E bisogna cercare di avere più la palla. Poi tutto dipende dalla qualità dei singoli».

Pussetto spostato indietro a sinistra da quarto? «Per ora ha sopperito al problema della fascia sinistra».

Punta su Balic, croato come lei? «Non è il mio pupillo, come dicono. Ma è uno che sa di calcio. Pupilli non ne ho, giocano i più forti».

Deve recuperare Barak. Come va? «E’ in ripresa, deve tornare quello di prima».

Insomma, torniamo all’inizio: tutto è work in progress. «Quando finisce il mercato tiriamo una riga e vediamo in che modo faremo i punti. Con quale sistema e stile».

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