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Gazzetta, Guidolin: Ho voglia di allenare

Dopo l’intervista al nostro giornale,  Francesco Guidolin parla anche alla Gazzetta dello Sport ribadendo che ha voglia di allenare.  «Sì, perché mi sento ancora giovane, ho ricaricato le batterie e ho voglia di allenare. L’anno...

Monica Valendino

Dopo l'intervista al nostro giornale,  Francesco Guidolin parla anche alla Gazzetta dello Sport ribadendo che ha voglia di allenare.  «Sì, perché mi sento ancora giovane, ho ricaricato le batterie e ho voglia di allenare. L’anno sabbatico mi ha fatto bene, credo che ogni tanto sia salutare staccare la spina».

Guidolin, perché aveva deciso di smettere? 

«L’anno scorso avevo gestito qualche situazione in una maniera anomala per me, e non mi sono piaciuto. E’ stato un campanello d’allarme, ho capito che dovevo fermarmi. E poi c’era l’idea di fare un lavoro diverso all’Udinese, alla quale avevo promesso fedeltà. Altre volte ho rinunciato a guadagni e piazze importanti per restare, Udine era il mio posto. Avevamo programmato un lavoro diverso per me, un ruolo di consulente soprattutto all’estero. A Udine comandano i Pozzo, padre e figlio. Uno è sempre sull’Udinese, l’altro supervisiona il Watford. Ho rinunciato a tre anni di contratto e speravo di poter portare la mia esperienza a Granada, ma il progetto è fallito. A questo punto sono pronto per lavorare altrove, se troverò qualcosa che mi interessa».

Magari la grande squadra che non ha mai avuto... 

«Guardi, io le grandi squadre le ho avute in Serie B e C: Palermo e Ravenna erano superiori alle altre, e in entrambi i casi ho vinto il campionato. E comunque due volte sono stato chiamato dal Napoli e due volte ho detto no per restare a Udine. Quindi, le occasioni le ho avute, ma ho fatto le mie scelte. Speravo che fossero apprezzate di più dal mio club. Adesso la questione non è tanto di blasone, di club piccolo o grande, ma di situazione giusta. A me piace insegnare calcio e credo di poter lavorare con giocatori giovani e meno giovani, ho ancora tanto da dare: un anno di pausa è sufficiente».

A Udine non l’hanno mai vista: un distacco totale. 

«La riservatezza e la discrezione fanno parte del mio carattere e poi avevo capito che era meglio rimanere nell’ombra. Tante volte avrei voluto andare allo stadio a salutare i giocatori e la gente, ma ho capito che era meglio evitare».

Forse perché Stramaccioni ha passato periodi difficili e non voleva creare imbarazzo? 

«Sul lavoro di Andrea non sarei così critico. L’Udinese che fa 60 punti di media in quattro anni non è la normalità, la mia Udinese arrivata in Europa quattro volte su cinque non è la regola. La misura della provincia è un’altra, e Udine è provincia. Quindi, il primo obiettivo è restare in A, possibilmente senza affanni, poi se si può si sogna l’Europa, se si riesce anche la zona Champions, ma in quel caso parliamo di capolavori, e non sempre si riesce a realizzarli. E quando si lavora in un club come l’Udinese si deve cercare di mettere in mostra a ogni stagione giocatori nuovi, giovani, ma non è detto che ci si riesca sempre. Un anno diverso può capitare».

Ha rimpianto la decisione di dare le dimissioni? 

«No, perché ero stanco, e avevamo programmato per me un ruolo diverso che poi non mi è stato permesso di svolgere. Avrei fatto volentieri il supervisore alle tre squadre dei Pozzo, ma non ho potuto lavorare e adesso il patto di fedeltà non può essere mantenuto. Voglio ricominciare, ho avuto qualche contatto, aspetto. Sono ancora in condizione di poter scegliere».

Un consiglio per i giovani allenatori buttati allo sbaraglio? 

«Fate la vostra gavetta, fatela tutti. Io sono molto orgoglioso del mio percorso. Chi non ha un grande nome è obbligato a misurarsi in realtà piccole, ma dovrebbero farlo anche quelli che hanno un nome importante come ex giocatori. Il mestiere di allenatore è completamente diverso da quello di calciatore. Bisogna ripartire da zero e ci vuole tempo per imparare».

Guidolin, lei la sua Panchina d’oro l’ha vinta tempo fa. Adesso a chi la darebbe? 

«Ad Allegri che è arrivato in fondo a tutte le competizioni vincendo anche lo scetticismo che lo circondava e a Pioli per il lavoro bellissimo che ha fatto alla Lazio. Nel panorama dei tecnici italiani c’è tanto di buono».

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