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Gazzetta: il Verona mette la sveglia tardi

L’Udinese frena gli uomini di Juric che spingono solo nella ripresa, ma Musso c’è

Redazione

L'analisi della Gazzetta sulla sfida tra Verona e Udinese.

Quando è stato sbagliato anche il calcio d’avvio, a inizio ripresa, e l’arbitro ha dovuto farlo ribattere, il segnale è stato chiaro: con questo abbiamo combinato tutti gli errori possibili, d’ora in poi si vedrà calcio più apprezzabile, con occasioni, giocate in area e boati d’emozione. Ora, Verona e Udinese arrivavano da due e tre sconfitte consecutive: era anche comprensibile che l’impegno del martedì non potesse diventare guerriglia senza mai prendere fiato; però la prima parte non era stata proprio un inno allo spettacolo. Allenatori e giocatori poi si sono presi le colpe, confortati dal pareggio che interrompe la serie negativa. E qualcosa è cambiato.

Due volti

«Sono stato io a chiedere di restare più prudenti in avvio«, ha ammesso Ivan Juric. «Temevo il loro contropiede, la velocità di Lasagna». Poi l’allenatore ha invitato la squadra a proporsi senza timori, e il Verona è cresciuto. L’Udinese discreta della partenza ha faticato troppo a entrare in area. Poi si è messa dietro. I bianconeri non segnano per la terza partita di fila. Proprio Lasagna ha avuto le due occasioni migliori, e uniche. Due volte ha mancato la porta, prima su un colpo al volo da due passi, poi su una volata delle sue, con lancio dalla difesa. Ma dare la colpa soltanto all’attaccante è sbagliato, anche se si conferma che non è il tipo da un colpo-un gol. Senza De Paul, la costruzione è ansimante. Non c’è linearità, non c’è profondità sulle fasce. Il massimo del coraggio è palla a Larsen che poi crossa dalla trequarti. Anche la prima chance non è una trama manovrata, ma un corner regalato dal portiere. Tudor sceglie ancora di proporre un attaccante solo, dietro al quale c’è Barak, alla prima da titolare. Si passa da 3-5-1-1 a 3-5-2 quando il ceco si alza, o 3-4-2-1 quando scende e Fofana lo aggancia. Ma sono più le palle perse che quelle guadagnate, azioni interrotte, tentativi vani. Quando poi Lasagna e Barak escono, per Okaka e Walace, sale Fofana a seconda punta. Mossa che non porta nulla, anche perché l’Udinese della ripresa deve pensare soprattutto a proteggersi e pure l’ultimo cambio (Opoku per Sema) serve a sbarrare un portone, sul corridoio sinistro, lasciato troppo aperto.

L’occasione mancata

In una partita così povera, anche il Verona si deve attaccare a due opportunità. La prima capita a Stepinski, entrato per l’infortunato Di Carmine, ma sul suo colpo di testa è prodigioso e fortunato nella respinta Musso, aiutato anche dalla traversa. Un’altra azione simile, sempre da destra, viene conclusa da Verre, senza indovinare la porta. Il fatto è che dai bianconeri agli altri bianconeri (in arancione, forse per quello) qualcosa cambia. Gli elogi di Torino, quando l’Hellas moralmente non era stato sconfitto dalla Juventus, non aggiungono entusiasmo. Tra stanchezza e ordini alla prudenza, la banda di Juric non ha tutte le energie mostrate con i bianconeri di Torino. Le mostra solo dopo un’ora, con il cambio fra Zaccagni e Verre. Il 3-4-2-1 non viene modificato, ma ha tutt’altra intensità. Amrabat diventa il dominatore del centrocampo, Faraoni trova strada libera a destra e in quel corridoio si buttano quasi tutti, anche Rrahmani (suo il cross per Verre). Il Verona arriva a 22 giocate in area, mentre nel primo tempo faticava a entrarci. Il primo tiro in porta giunge al 51’, ma alla fine sono dieci le conclusioni gialloblù tentate nella ripresa.

Il problema

«Partita strana, ma pareggio importante», racconta Igor Tudor, che conosce bene i Pozzo ed eventuali reazioni alla quarta sconfitta di fila. I due allenatori, di Spalato, sono amici e anche ex compagni di squadra. Hanno entrambi la stessa angoscia, il gol. Dopo cinque giornate, l’Udinese è soltanto a quota due e non segna da 343 minuti, l’Hellas a tre. Però una sola volta ha colpito dentro l’area. Questo è il problema da risolvere, non come si avvia una partita da centrocampo. (...)

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