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Gazzetta: Roma, tre punti al veleno Udinese battuta e furiosa

Le polemiche accendono, riscaldano, infiammano le partite, a rigor (proprio) di metafora. Ma in verità congelano altre analisi, sono come il vino che viene messo in ghiaccio per raffreddarne la qualità non troppo all’altezza. Si parla del...

Monica Valendino

Le polemiche accendono, riscaldano, infiammano le partite, a rigor (proprio) di metafora. Ma in verità congelano altre analisi, sono come il vino che viene messo in ghiaccio per raffreddarne la qualità non troppo all’altezza. Si parla del gol-non-gol di Astori, della tecnologia che aiuterà (ma quando arriverà riusciremo a contestare pure quella), dei favori alle grandi con il rigore negato all’Udinese, e la Roma dovrebbe compiacersi del nuovo status. Si attenuano così le colpe, gli errori sul prato, lo spettacolo misero proposto in una giornata in cui lo show diventa l’insulto all’arbitro. La partita è brutta: depurate le adrenaliniche proteste non resta granché, se non le parate di Karnezis nel finale, quando l’anarchia tattica prevale sul raziocinio.

I MOTIVI Il portiere ha imbevuto i guantoni nell’acqua santa, d’accordo, però la Roma gli concede la santità, e riesce a mettere a rischio una vittoria che sembra scontata, viste le coincidenze favorevoli. Questa è la prima perplessità che assalirà Rudi Garcia, quietati i veleni arbitrali. Perché saper seppellire la paura è una virtù fondamentale sulla strada dello scudetto. E non sempre gli avversari saranno così confusi come l’Udinese, una sola vittoria nelle ultime nove uscite e tanta concentrazione buttata nelle rimostranze e non nel riacchiappare la partita. Domenica ci sarà il derby, poi le trasferte a Palermo e Firenze. Una Roma più decisa, meno lenta nel ripartire e più concreta sotto porta è necessaria per continuare a sgomitare con la Juve, ora distante solo un punto. 

DIFESA GIALLOROSSA In una squadra imbattuta da sette giornate e che non piglia gol da tre, risalta più la fase difensiva: di uno stopper, come si diceva un tempo, è la rete decisiva e contestata (le immagini sembrano dar ragione a Guida). Astori è il terzo del suo settore ad andare a segno ed è anche la prima volta che i suoi fanno centro su punizione indiretta. Positivo, come la protezione su De Sanctis, cui arriva un solo vero tiro. Ma il resto? Il reparto fantasia, che deve sopravvivere un mese senza Gervinho, alla Coppa d’Africa come Keita, si mette in moto raramente. Sono più le prove di forza a determinare il governo del match: la crescita di Strootman, le corse di Iturbe, ancora a intermittenza ma più incisive, il possesso di Pjanic e la concretezza di De Rossi. Non la spietatezza nelle occasioni per il raddoppio, non le virtù di Totti, troppo spesso opaco musicista e non direttore d’orchestra, non l’arte minima di Ljajic. E per dimostrare che la corsa conta più della classe, Garcia immette Florenzi ed Emanuelson per Totti e Ljajic, oltre a Torosidis per lo sfiatato Maicon. Destro rimane in panchina e non la prende bene, dopo che in settimana è stata bloccata la sua partenza. Ma ci sono anche altri pensieri. Un difetto visibile per la Roma è quello di accomodarsi dopo aver segnato: levarsi tanta pigrizia, considerato che è la tredicesima gara stagionale in cui va in vantaggio (e ha segnato 18 volte nei primi tempi), sarebbe la via migliore per restare in alto. Garcia lo sa e lo ammette.

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