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GdS, Tesser: “Niente sarà come prima”

Attilio Tesser intervistato da La Gazzetta dello Sport

Redazione

Attilio Tesser intervistato da La Gazzetta dello Sport

Tesser, anche in questo allarme conta l’esperienza?

«Ho sentito Klopp, è stato perfetto: facciamo quello che ci dicono di fare. Conta solo l’esperienza di chi sa».

E nel calcio?

«Quando si rientrerà bisognerà ricollegare le teste con la concentrazione giusta».

Come va l’isolamento?

«Penso a chi è stato colpito, vedo la voglia di rinascita e la passione di chi lavora. Io me ne sto chiuso in casa, ricucendo qualche filo del lavoro che si era rotto. E leggendo».

Cosa legge?

«Un libro che si intitola “Il segno del potere”, interessante».

Il potere solo il Benevento ha dimostrato di averlo...

«Bisogna fargli i complimenti. La società ha trovato continuità, il tecnico ha dato stimoli a giocatori che avrebbero potuto avere la pancia piena».

Le altre invece...

«C’è chi è arrivato in alto in maniera inaspettata, come noi, e altre che lo volevano».

L’esperienza le fa vedere la B con un occhio particolare.

«E’ incerta come al solito, l’anomalia è il Benevento. Nel calcio se non parti bene, anche se hai uno squadrone, poi fai fatica. Conta l’interpretazione della B, non i nomi».

Allude alla Cremonese?

«No, anche se mi fa male vederla lì dopo averla portata in B. Mi riferisco al Cittadella, semmai al Crotone dell’anno scorso, che ha avuto difficoltà dopo essere sceso dalla A: quest’anno invece è ben diverso».

Tra i 20 tecnici è terzo per presenze in B. Una su tutte?

«Beh la promozione col Novara. Cito la semifinale con la Reggina vinta al 92’ con gol di Rigoni: le coronarie sono state a rischio. Ma lo sono state anche quando con la Ternana ci siamo salvati a Modena».

Tanti giovani tecnici al via, poi si chiamano i più esperti.

«Si arriva troppo facilmente in B. Servirebbe più gavetta, se vai in una squadra non pronta la paghi. Tutti sono molto preparati, ma l’esperienza serve».

Un giovane che l’ha stupita?

«Italiano: si vede la sua mano. Poi Dionisi, anche se non ha i risultati sperati. Non conoscevo D’Angelo e Caserta: stanno facendo bene».

In B il modulo più diffuso è il 4-3-1-2, sul quale lei potrebbe scrivere un trattato...

«Lo faccio dalla Triestina (2003-04, ndr)... E’ un modulo offensivo che offre una buona dislocazione dei giocatori in campo e un buon equilibrio».

Non l’ha toccato nemmeno quando siete andati in crisi.

«Capita solo di passare alla difesa a 5 quando c’è da difendere un risultato. Ma se è andato bene per 19 giornate, perché cambiare dopo qualche risultato negativo? Fossimo partiti male sarebbe stato diverso».

Lei è molto coerente.

«Io sono fatto così».

L’unica sua contraddizione è quella di essere astemio ma produrre prosecco...

«Un piacere per gli amici».

A proposito di bollicine: all’andata il suo Pordenone è stato effervescente e al giro di boa era secondo, quindi in A.

«Siamo andati oltre le previsioni. Se siamo qui è per la volontà e l’impegno dei ragazzi».

Nel ritorno invece avete fatto solo 2 punti in 6 gare: troppo prosecco a Natale?

«No, anzi... Siamo ripartiti facendo 2-2 a Frosinone forse con la miglior prova esterna dell’anno. Abbiamo sbagliato un paio di partite, vedi in casa con il Pescara. E non eravamo abituati alla tensione».

Poi è tornato il Pordenone schiacciasassi: 3 vittorie di fila. Cosa è successo?

«A Empoli abbiamo giocato esattamente come a La Spezia e Benevento, ma la differenza è che abbiamo vinto».

E’ leggenda dire che una cena della squadra nell’azienda del presidente è stata la svolta per uscire dalla crisi?

«E’ stato un pranzo... A Pordenone si usa ritrovarsi nei momenti poco brillanti, è utile».

Mauro Lovisa è un presidente molto presente nel club e molto appassionato...

«Sicuramente, ha dato un’impronta molto chiara alla società con una grande cultura del lavoro. E poi lavoro bene col figlio Matteo, è stata fatta un’ottima programmazione con la giusta mentalità».

Tornando all’esperienza: è vero che lei ha dovuto frenare l’entusiasmo di Lovisa padre quando la squadra correva?

«Ma no... Io lascio cavalcare l’entusiasmo, è bello e positivo. Però preferisco guardare all’obiettivo iniziale».

Non è cambiato in corsa?

«La salvezza era l’obiettivo, i playoff sono alla portata, la A un grande sogno. E qualche volta i sogni si avverano, visto che le vittorie valgono sempre 3 punti, in C come in B, e noi giochiamo solo per quelle...».

Quanto dispiacere prova per lo stop al campionato?

«Tantissimo. Anche perché lo sport regala gioia e serenità».

Si ripartirà?

«Spero di sì. Non sarà come prima, ovvio, ma questo sarà un problema di tutti».

 

FONTE Gazzetta dello Sport

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