"La differenza tra gruppo e squadra, spesso si confondono queste idee. Il gruppo è buono quindi vinceremo. Non è vero. Il gruppo è caratterizzato da una cosa fatta assieme. Non è detto che come squadra funzionerà. La differenza è che in una squadra c'è un obiettivo chiaro, ma soprattutto ci sono ruoli stabiliti che nel gruppo non ci sono. E nel gruppo tali ruoli vanno coltivati. Se in una squadra metto in campo giocatori che sono riserve e che vogliono essere titolari, allora il concetto di squadra viene meno".
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Udinese, tra gruppo e squadra c’è una bella differenza
L'Udinese deve trovare ruoli ben definiti se vuole diventare squadra, il difetto congenito da tempo
Lo ha detto Julio Velasco, uno che di sport se ne intende. E sembra aver centrato in pieno quello che succede da anni a Udine e che Gigi Delneri è chiamato a risolvere. Tramutare un gruppo in squadra non è questione di una singola prestazione (Torino), è un lavoro ben più complicato. "In una partita di bambini non è calcio. Tutti vanno indietro al pallone, non ci sono ruoli definiti". A Udine cercare i ruoli e i compiti, il rapporto tra giocatori, è l'obiettivo più complicato. Non basta tirare tutti dalla stessa parte come spesso si vuole far credere, perché è scontato giocando per uno stesso datore di lavoro. E' come un orologio dove i meccanismi devono funzionare alla perfezione perchP solo così possono funzionare assieme come unico ingranaggio.
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L'Udinese da anni non è squadra. Forse perché ci sono solo stranieri che hanno ambizioni personali che vengono prima di quelle collettive, forse perché manca un obiettivo chiaro (leggasi anche progetto). Le ipotesi sono molte, i risultati sono però sotto gli occhi di tutti.
Per questo ora Delneri deve dimostrare davvero di aver preso il timone, di essere uno che sa imporsi per decidere ruoli e uomini in maniera meritocratica. A Torino sprazzi di gioco si sono visti, ma una rondine non fa primavera anche perché allo Stadium è fin troppo facile volersi mettere in mostra. Col Pescara e col Palermo servono risposte. Perché la classifica piange, perché sbagliare significherebbe cadere sempre più giù.
Si parlava di ruoli ben definiti. Tanti doppioni innesta rosa non aiutano nelle scelte e non è questione di modulo, comunque la giri questa squadra appare scoperta da qualche parte e troppo coperta in altre.
Si va verso un 4-2-3-1, che poi è un 4-3-3 camuffato. Thereau trequartista è stato suggerito da tempo (anche da mister Giacomini), ma il francese deve dimostrare tutto in questo ruolo. Poi Perica e Zapata davanti, due attaccanti fisici, col croato che può anche partire da dietro.
In mezzo Kums davanti alla difesa, con Fofana e uno tra Hallfredsson e Jankto. La sostanza c'è, ma serve anche intelligenza tattica, perché con tre punte è facile perdere spazi. Dietro non ci si attendono novità di rilievo con Heurtaux (si torna a parlare di mercato per lui), Danilo, Felipe e probabilmente ancora Samir inizialmente. Sono quattro centrali, mancano i terzini che però con questi moduli non sono questione di poco conto anche perché il Pescara attacca largo e si accentra, per cui serve copertura massima, ma anche spinta per tenere a distanza Caprari e compagni.
E' questione di tattica, ma è anche questione di capire davvero e Delneri sta impostando ruoli e compiti. I suoi predecessori hanno fallito proprio qui: cercando di raccontare tutti (procuratori compresi forse), hanno scontentato tutti. Il tecnico di Aquileia o si impone o rischia di avere gli stessi problemi già visti.
Ad aiutarlo possono esserci i risultati, non solo le prestazioni. Per questo sei punti tra Pescara e Palermo sono obbligatori per cercare di sperare di chiudere l'andata almeno oltre i 20 punti, una quota di sicurezza.
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