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Capitano o mio capitano?

Di Natale non può permettersi di lasciare a metà stagione: non è un gesto da capitano, non da uno che a Udine ha scritto la storia

Monica Valendino

Guardate bene la foto: era il 23 novembre 2014, l'Udinese batteva il Chievo al Friuli e Totò Di Natale festeggiava i 200 gol. E' passato un anno, ma oggi il tempo si è dilatato.

Questa volta il dribbling Di Natale l'ha fatto magistralmente, non in campo bensì in sala stampa. Il capitano ha eluso la domanda principale, ovvero se realmente abbia deciso di smettere a metà campionato.

I rapporti con Colantuono non importano: un capitano al di là del fatto che vada a cena o meno col suo allenatore, non può pensare di abbandonare la nave a metà viaggio, gesto degno del 'miglior' Schettino.

Non importa quanto bene si vogliano Totò e Colantuono, del resto Di Natale non sempre ha amato tutti i tecnici con cui ha giocato: con Galeone di certo non correva buon sangue, ma nemmeno con Strama è stata facile la convivenza. Ma, ripetiamo, queste sono cose di campo, succedono ovunque e in maggior modo dove si ha a che fare con uno che a Udine è stato considerato il re.

Il fatto è che a precisa domanda il bomber ha risposto che sa tutto solo paròn Pozzo, il quale da parte sua, conferma che il numero 10 rimarrà fino  giugno. Cos'altro può dire Pozzo? Ha fatto di tutto per accontentare Totò negli anni scorsi, quando altri mal di pancia l'avevano colpito.

La situazione è più che mai fluida: Colantuono ha fatto intendere che con Totò ne ha parlato eccome, anche se ha cercato di mascherare la cosa. La frase che spera che le festività portino consiglio è stata accolta come una speranza più che come una pausa di riflessione, come se la decisione sia stata già presa.

Ma cosa può aver fatto venire le coliche a Di Natale? Se i rapporti col tecnico non c'entrano (come è normale), se con i compagni va tutto bene (come è normale), se nonostante il fisico non sia quello di un ventenne alla fine 7 gare da titolare le ha giocate, allora cosa può aver provocato tale riflessione?  Forse Totò si attendeva altro dal mercato estivo: magari l'arrivo di Quagliarella già lo scorso anno, ma forse anche giocatori migliori per chiudere la carriera senza dover lottare per la salvezza. Forse Totò è rimasto anche ferito da qualche critica (pesanti alcune che gli sono piovute dopo la mancata trasferta a Napoli), ma tutto questo fa parte del gioco.

La sua storia calcistica a Udine, onestamente, merita un altro epilogo al di là dei perché sia sofferente. Un abbandono prematuro sì che sarebbe difficile da spiegare e non basterebbe più nemmeno un dribbling in sala stampa per riuscirci.

Forza Totò, il viaggio è ancora troppo lungo per pensare davvero di farlo senza il capitano della nave.

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