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La sindrome di Peter Pan

Possiamo prendercela con Marino, con Guidolin, con Stramaccioni, con Gino o con il padre.Se abbiamo ancora bile da sputare possiamo passare a Soldati o Giaretta. Sta di fatto che l’Udinese non cambia. Quella è, nei secoli dei secoli amen. Poche...

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Possiamo prendercela con Marino, con Guidolin, con Stramaccioni, con Gino o con il padre.Se abbiamo ancora bile da sputare possiamo passare a Soldati o Giaretta. Sta di fatto che l’Udinese non cambia. Quella è, nei secoli dei secoli amen.

Poche volte ha superato i suoi limiti caratteriali. Ricordo Zaccheroni (tre anni o quasi con la stessa squadra), Spalletti (tre anni o quasi con la stessa squadra) e Guidolin II (il culmine della nostra storia calcistica). Tutto il resto è noia, come cantava il Califfo.

Semplice, il nostro livello è quello. I giocatori che si fanno in quattro per la maglia li conti sulle dita di una mano. La società non punta sugli italiani (Scuffet in panchina, Angella a Londra, Faraoni a Perugia, Rovini a Ferrara e Mazzarani a Chiavari). Prima di loro vendemmo fin troppo in fretta Lodi, Corradi e Sammarco. Occhio, non mi aspetto che tengano Quagliarella, lo so anche io che il bilancio viene prima di tutto, ma dei buoni comprimari o dei possibili titolari, quello sì.

E così ci tocca vedere caterve di Doubay, Sissoko, Maicosuel, Kelava e compagnia cantante intramezzati da qualche giovane di buone speranze. Una volta a Udine si diceva che il bel gioco era un must, ora si lascia passare il discorso, si volge lo sguardo altrove.

Mentre Gino si fa le ossa con Granada e Watford (tale padre tale figlio… esoneri e dimissioni di allenatori a go-go), il Paron ormai è stanco. Difende l’indifendibile Lotito pur di non perdere quel treno chiamato cambiamento che tanto dà fastidio agli Agnelli e i loro giornali. L’Italia è così, bellissima la scena de "Il gioiellino" (il film che racconta il crack Parmalat): "Per essere un capitalista italiano devi avere una banca, un giornale e una squadra di calcio".

Ma quello che più delude è l’ennesima, prevedibile, sconfitta interna. Appellarsi all’arbitro sarebbe veramente troppo. Il germe che ci corrode è un altro: si chiama mancanza di leader, di voglia, di bandiera. Cosmi, tanto tempo fa, sentenziò: "il carattere non lo alleni". Forse aveva ragione. Forse non era colpa di Guidolin, non era colpa di Marino e non è colpa nemmeno di Stramaccioni, se non per qualche scelta discutibile. Mettere titolare inamovibile un acciaccato aumenta il rischio a ogni partita che passa. E difatti, patatrac, sperando davvero che Thereau non abbia nulla di grave. Dopo Gejio sarebbe un’altra tegola sul nostro attacco.

Sta di fatto che questa stagione è all’insegna, come la passata, della mediocrità. Si semina e non si raccoglie. Si giocano bene le partite contro le grandi e si affrontano con superficialità quelle con squadre meno blasonate (meno stipendi) ma più abbordabili.

Un cammino così deficitario fra le mura amiche non lo vedevo dall’ultimo anno di Marino. Stiamo ripetendo quello che già abbiamo visto, abbiamo commentato, abbiamo sezionato. Se fosse un problema di età media, beh, sarebbe normale. Ma l'Udinese titolare non è più un Under 21 di belle speranze, non dopo quest'state e gli acquisti azzeccati. Perciò rimane una sola motivazione a questo grigio grigio febbraio: il poco attaccamento alla maglia, il poco carattere.

Venni, vidi e me ne andai. Serve per rimanere nel calcio che conta, c’è poca alternativa. Un giorno scriverò qualcosa sui dati di bilancio dell’Udinese. Belli, ma fragili, come eravamo noi anni fa. Ora siamo fragili e basta…

 

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