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Atletica, Alessia Trost la bulimia e gli psicologi: «Ora ho ricominciato a sognare»

Trost, i 2 metri a 19 anni poi la crisi: «Fuori a Londra 2017, mangiai 40 pezzi di torta»

Redazione

Non è facile parlare di emozioni all’ora di punta dell’aperitivo in una libreria del centro di Milano. Eppure Alessia Trost, 26 anni quasi 27, friulana di Pordenone dall’animo dolce e friabile come il biscotto-simbolo della sua città, prende una piccola rincorsa neanche fosse sulla pedana del salto in alto («Lo sport che amo ma che mi ha fatto soffrire») e trova un piccolo spazio interiore per raccontarsi : «C’è stato un tempo, nelle categorie giovanili, in cui battevo la primatista russa del mondo e oro mondiale Maria Kuchina. A Trinec, in Repubblica Ceca, ho saltato due metri a 19 anni. Ma quel salto non fu frutto di un percorso, né di alcuna consapevolezza. I due metri, che sono le colonne d’Ercole della mia specialità, sono arrivati troppo presto. Oggi lo posso dire. Mi hanno riempito la testa di cose e non sono stati facili da digerire. I fantasmi sono diventati paure, che sono diventate insicurezze, che sono diventate alibi».

Di Alessia, oro mondiale Allievi e poi Under 18, due titoli europei Under 23, saltatrice di valore assoluto (nella storia dell’atletica italiana a scavalcare i due metri sono riuscite solo in tre: la mitica pioniera Sara Simeoni, Trost ed Elena Vallortigara), ha sempre colpito una sensibilità che le spietate dinamiche della gara e la carenza d’ossigeno dell’altitudine cui essa ti costringe per salire sul podio hanno spesso denudato. Senza pelle, con i nervi scoperti, Alessia ha vinto due belle medaglie indoor (un bronzo iridato, un argento europeo) ma l’uno-due che l’esistenza le ha assestato — la morte in rapida successione dello storico coach Gianfranco Chessa e della mamma Susanna a 54 anni — l’hanno spinta in un angolo, sola e confusa. La Federatletica e le Fiamme Gialle sono corse in soccorso, trovandole riparo dopo i Giochi di Rio 2016 (5a) ad Ancona, dai Tamberi padre e figlio: coach Marco e il talento Gimbo, primatista italiano (2,39 m). Ma la coesistenza con la premiata ditta del salto è finita lo scorso ottobre, dopo il Mondiale a Doha (eliminata nelle qualificazioni). «Nulla da rimproverare a Tamberi — racconta —, però in pedana in Qatar mi sono apparsi chiari i limiti del lavoro fatto».

I fantasmi si erano dileguati strada facendo, grazie al lavoro con gli psicologi. Il primo, inutile: «Lei sta male per i lutti, mi disse, come se già non lo sapessi». Il secondo, prezioso: «Ero in un vortice, alimentazione inclusa. La dieta ferrea mi provocava sbalzi d’umore enormi. Ero bulimica: al Mondiale di Londra 2017 pesavo 66,7 chili (Alessia è alta quasi 1,90 ndr), dopo l’eliminazione mangiai 40 fette di torta, vergognandomi come una ladra. Poi ho capito che Alessia giudicava spietatamente l’atleta. Mi sono liberata dell’autismo del saltatore, dal trip di perfezione. Inizia a vivere, mi sono detta, che magari salti meglio. Mi sono perdonata, accettando di essere più morbida con me stessa e di poter fallire».

La terza vita di Alessia Trost è appena cominciata a Sesto San Giovanni, al campo Dordoni dove allena Roberto Vanzillotta, lo stimato tecnico federale a cui il direttore tecnico azzurro Antonio La Torre ha affidato un talento da rigenerare e far decollare. «A pochi mesi dai Giochi di Tokyo ho traslocato di nuovo. Dentro di me si sono riaccese motivazioni che non sentivo da tempo». Il punto più basso? «L’Europeo indoor di Glasgow: ho saltato 1,85, indecorosa, non ci ho capito niente. E sì, ho pensato di smettere». Il peggio è alle spalle. Ha preso casa a Monza, vorrebbe terminare Scienze alimentari, insegue il biglietto per l’Olimpiade giapponese, dove ritroverebbe quella Maria Kuchina nel frattempo diventata la regina mondiale del salto. «Ho sempre ignorato il confronto con lei, ma era una bugia a me stessa. L’ennesima. Okay sono rimasta mille anni indietro, però non mollo. Mi sento di nuovo viva, mi si è riacceso un sogno. Sono tornata in palestra a sollevare bilancieri, Vanzillotta mi spiega che il salto è molto più naturale di come me l’hanno raccontato. Se ho superato 2 metri una volta, posso ripetermi: sento di potercela fare». Alessia gareggia domani a Udine. «Non mi aspetto un miracolo». Ogni nuovo inizio, lo è.

FONTE CORSERA

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