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Cambiare troppo fa male ai risultati. Si vince con i «fedeli»

Mobilità è una delle parole magiche vendute dai governi occidentali del Ventunesimo secolo: serve a nascondere, spesso, soltanto precariato e licenziamenti. Mobilità è una parola che s’adatta bene, sempre più, anche al calcio europeo degli...

Monica Valendino

Mobilità è una delle parole magiche vendute dai governi occidentali del Ventunesimo secolo: serve a nascondere, spesso, soltanto precariato e licenziamenti. Mobilità è una parola che s’adatta bene, sempre più, anche al calcio europeo degli ultimi anni (benché condizione media e protezione dei «dipendenti» siano più alte): il movimento in entrata e uscita dai club è ormai frenetico. Niente di male, in teoria, a cambiare anche tutta la squadra ogni anno: ma il discorso è diverso se l’interesse non è tecnico-tattico bensì «personale», riguarda «mediatori e allenatori e dirigenti che collaborano con loro» e crea disaffezione nei tifosi. I club cambiano rose (in media di 24,7 giocatori) a gran ritmo: dal 36,6% del 2009 al 41,5% del 2014. Il trend è in crescita ma, statistiche alla mano, non migliora il rendimento. Tutto il contrario, come spiega lo studio dell’Osservatorio del calcio (Cies) di Neuchatel, Svizzera: un rapporto che «legge» i movimenti dei club europei, e soprattutto delle grandi leghe, negli ultimi cinque anni.

JUVE TOP-CESENA ULTIMO Un dato su tutti: Bayern e Borussia Do.; Arsenal, Chelsea, United e City; Juve; Real Madrid e Barcellona; e infine Lione sono tra i club di Germania, Inghilterra, Italia, Spagna e Francia con meno mobilità. Troppe variabili, naturalmente, per considerarla l’equazione del successo – ai vertici anche Real Sociedad, Everton e Montpellier, non certo top club – ma un indicatore importante sì. Nel club bianconero, dal 2009 al 2014, un giocatore resiste mediamente 3,58 anni (con 11 giocatori in squadra da più di tre anni): cifra nobile che la colloca al 16° posto assoluto in Europa. L’ultimo in classifica, il Cesena, ha una media di un anno e mezzo e nessuno in rosa da più di tre anni. Idem il Genoa (1,54). Entrambi al 26° posto della classifica europea per «mobilità». A sorpresa, dopo la Juve, il club italiano più stabile è il Cagliari (media 3,26, al 36° posto).

I 5 CAMPIONATI TOP… Discorso non diverso nei grandi campionati europei. Anche le classifiche attuali sono in linea con l’indagine Cies: chi è al comando (Real, Bayern, Chelsea e Lilla) ha una media di stabilità molto più alta dell’ultimo in classifica. C’è però un dato che separa l’Italia da queste leghe top. Considerati i primi 31 campionati europei, Spagna (22°) Inghilterra (23°), Germania (28°) e Francia (29°) sono tra i tornei più stabili in assoluto. Invece la Serie A è all’8° posto, con il 45% di tasso di mobilità, preceduta soltanto da tornei minori: il primo è Cipro (addirittura 57,5%), al 7° posto la Turchia (47,5%), e in mezzo Bulgaria, Portogallo, Serbia, Romania e Grecia.

…E L’ITALIA NO In Italia il trend è in evidente ascesa. Nel 2009 la mobilità raggiungeva il 40,2%. Nel 2010 siamo saliti al 42,1%, l’anno successivo al 46,3%, nel 2012 addirittura al 48,4%. Altro che Zoff, Gentile, Cabrini, Furino eccetera…: ai tifosi serve un almanacco. Nel 2013 una leggera inversione di tendenza (45,2%), ma nel 2014 la percentuale è risalita (47,9%). La media di questo quinquennio è 45%. La Spagna, la peggiore delle altre leghe top, è al 35,7%, mentre la Francia, la più virtuosa, al 30,3%. E mentre Premier e Liga tendono ad avvicinarsi alla Serie A, la virtuosissima Germania riduce ad ogni anno la sua mobilità.

L’EUROPA è MOBILE Neanche il trend europeo può essere di consolazione. Nel 2009 la mobilità era al 36,6%; oggi siamo al 41,5%. La media continentale quinquennale è 39,7%: insomma, siamo sempre nella parte bassa della classifica. C’è anche una spiegazione geografica: è l’Europa del sud (Portogallo, Spagna, Italia, Grecia, Turchia, Israele) la più mobile (48,5%), seguita dall’Est (45,5%), dal Centro (41,9%), dall’Ovest (35,9%) e infine dal Nord (31,2%). Sono le conclusioni a preoccupare: «La tendenza evidente ad acquistare nuovi giocatori nei tornei del Mediterraneo e dell’Est non è collegata alla necessità di rimpiazzarne altri venduti per denaro ma...». Il discorso è chiaro. Ci sono categorie interessate al mercato permanente. E non per questioni tecnico-tattiche. Se ne sono resi conto presidenti e proprietari?

(Gazzetta dello Sport)

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