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Badu racconta il suo dramma: “Ma ora posso lavorare al massimo per tornare al top”

«Una sera di agosto dopo l’allenamento di giornata stavo riposandomi a letto, vivevo da solo in quel periodo, cercavo di addormentarmi e ho sentito una fitta sul lato destro mentre respiravo. Era circa l’una di notte e ho chiamato il dottore...

Redazione

La cicatrice è interna, riservata. A Emmanuel Badu le fitte sul lato destro del corpo mentre era a riposo hanno funzionato da megafono per una diagnosi che lascia interdetti all’inizio: microembolia polmonare. La cicatrice è nell’anima perché toglierla è impossibile. Ma è in un angolo da quando ha avuto l’idoneità medica e da quando è tornato in campo il 5 gennaio a Ferrara contro la Spal.

Come sta?

«Bene, molto meglio. Ora posso lavorare al massimo per tornare al top».

Ha avuto paura?

«Sì, ma appena i dottori mi hanno spiegato cosa fosse mi sono tranquillizzato e ho cercato di capire cosa potessi fare. Ho chiamato la mia famiglia in Ghana: “State sereni, i dottori mi aiuteranno”. È stata un po’ più difficile con mia madre Teresa a cui ho dovuto ripeterlo cento volte e aggiungerci diverse videochiamate con Whatsapp. Ma la mamma è sempre la mamma... (ride, ndr)».

Come è emerso il problema?

«Una sera di agosto dopo l’allenamento di giornata stavo riposandomi a letto, vivevo da solo in quel periodo, cercavo di addormentarmi e ho sentito una fitta sul lato destro mentre respiravo. Era circa l’una di notte e ho chiamato il dottore Dario Donato, responsabile sanitario del Verona. Per fortuna era sveglio, a volte il destino... Nel frattempo ha avvertito il fisioterapista Umberto Improta che abita più vicino e mi ha raggiunto».

E poi?

«Ho preso una pastiglia, fatto un esame. E il giorno dopo ero in campo ad allenarmi. La sera, però, mi è successo di nuovo. Ho fatto altri esami ed è emerso il problema».

Quando le hanno fatto la diagnosi a cosa ha pensato?

«A come guarire, prima di tutto. E poi se sarei potuto tornare a giocare. Mi dicevano di avere pazienza, di prendermi cura prima della salute. E non ho avuto modo di pensare a ciò che avrei dovuto inventarmi se avessi smesso di giocare».

Nonostante l’inattività, non ha mancato di vivere il centro sportivo quotidianamente...

«Mi dicevano che avrei potuto staccare, andare a rilassarmi fuori città. Io invece non volevo, preferivo stare vicino alla squadra, poter essere utile anche da fermo. È stato un periodo di grande stress».

Lei è un uomo più forte?

«Sì, ma sbaglio ancora. Eppure sono un uomo più forte».

E come calciatore?

«Posso fare di più, lavorare ancora meglio e stare bene. Sto recuperando molto bene anche se ovviamente mi manca il ritmo, devo aiutare la squadra. Il mio obiettivo è stare bene».

Cosa le ha detto Ivan Juric quando è tornato disponibile?

«Un semplice “Bentornato”, ma all’atto pratico durante gli allenamenti mi diceva di andare piano, di non esagerare».

Che poi è un controsenso per lei andare piano, vero?

«Sì, ma ho imparato a farlo. Ora aumenterò e cercherò di recuperare il prima possibile la mia condizione migliore per aiutare la squadra a salvarsi».

Ha visto che bel Verona?

«Dopo tre settimane di ritiro estivo avevo capito che c’era il gruppo. Merito alla società e a Juric che hanno costruito la squadra».

Domenica arriva il Lecce: come la presenta?

«Sarà dura, hanno fiducia in loro. Ma anche noi non scherziamo, stiamo bene fisicamente. Gara complicata, se giochiamo come stiamo facendo possiamo farla nostra».

Se dovesse segnare, come esulterà?

«Guardando i tifosi che mi hanno sempre sostenuto e poi vorrei tutti intorno a me, compagni e staff. Sono stati la mia forza con la società».

Che ragazzo è Emmanuel?

«Sono sempre stato una persona “open mind”, sorridente, disponibile. Da 10 anni non mi arrabbio più, voglio vivere la vita senza troppi pensieri. Mi piace la musica, guardo film ghanesi. Sorpreso? C’è un produzione ghanese cinematografica di livello!».

Quanti fratelli ha?

«Nove: siamo 5 maschi e 5 femmine. Il più grande ha 58 anni, il più piccolo 25, io sono il penultimo. Hanno studiato tutti, tranne me».

Scusi, quanti nipoti ha?

«(Calcola a mente, ndr) 18!».

Tratto dalla Gazzetta dello Sport

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