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Diaw rivela: Il mio sogno è sempre l’Udinese

«No no... Io sono di Udine, lo dico per come sta andando».

Redazione

Diaw è il nuovo idolo nella costante Cittadella, ma il sogno è giocare nell'Udinese....

Negli ultimi tre anni il Cittadella ha perso i playoff, nell’ordine, al preliminare, in semifinale e in finale. E adesso la A diretta è a 1 punto...

«Non dico che lottiamo per la A, ma ci crediamo. Peccato per la sosta: l’altra volta abbiamo vinto a Cremona, ci siamo fermati e alla ripresa abbiamo perso in casa col Cosenza. Ora dopo la sosta arriva il Pisa e dobbiamo riprendere subito».

Anche lei...

«Ho fatto 6 gol, e rispetto alle occasioni potevano essere di più. Ma non esiste un giocatore che non sbaglia mai».

Chi guarda tra i big?

«Benzema, segna e aiuta la squadra. E poi Cavani».

E in B?

«I numeri dicono Iemmello. Mi piace Masucci del Pisa, non fa tanti gol ma lavora tanto».

E’ il campionato delle sorprese o dei big?

«A parte il Benevento, che è la squadra più forte, può succedere di tutto, con 10-12 squadre in ballo. Noi compresi, ma c’è anche il Pordenone».

Lo dice perché è la squadra del suo Friuli?

«No no... Io sono di Udine, lo dico per come sta andando».

Quando ha giocato alla Dacia Arena (26 ottobre scorso, 0-0) si è emozionato?

«Giocare lì è il mio traguardo. Andavo al Friuli da bambino, ho visto l’Udinese in Champions contro il Barcellona».

Lo parla il friulano?

«Lo capisco, grazie a mia nonna, ma non lo so parlare. Dico solo mandi...». (ride)

Udine non è distante da Cittadella, i ricordi restano.

«Non dimentico i sacrifici che ho fatto, gli amici sono lì. Facevo il magazziniere, giocavo in D. Sono diventato professionista a 24 anni, sono stato fortunato ad avere la possibilità».

In D reagiva male agli insulti per il colore della pelle.

«Reagivo e sbagliavo. Il problema c’è, e mi spiace che i bambini vedano queste cose. Noi in campo dobbiamo dare il buon esempio, ma lo devono fare anche i tifosi. Da bambino mi era capitato di essere insultato da un altro bimbo, ma la colpa non era sua, ma dei grandi che aveva sentito. Lasciamo fuori dagli stadi chi fa quei cori come in Inghilterra, e vediamo».

A proposito di bimbi...

«Celeste ha due anni e mezzo, io sarei per fare il bis e lei mi... aiuta a convincere mamma».

E in Senegal quando andrà?

«Sono nato e cresciuto qui, la mia cultura è italiana, ma un mio desiderio è andare a visitare la terra di mio padre. Aspetto che Celeste cresca un po’ e porto anche lei».

E se la chiama la nazionale del Senegal?

«Non ho il passaporto, se mi chiamano lo faccio al volo! Però con Manè, Niang, Keita Balde, Sarr e gli altri dubito che serva uno come me».

(Tratto dalla Gazzetta dello Sport)

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