news calcio

Poggi e la sua Venezia: “sembrava di camminare in un fiume in piena”

L’impeto dell’acqua nelle calli è qualcosa che mi ricorderò per sempre: sembrava di camminare in un fiume in piena, Via Garibaldi a Castello è l’esempio lampante.

Redazione

Sei ore cresce. Cresce, cresce. Maledetto scirocco, il vento da sudest che gonfia la laguna. Una, due, tre, quattro volte suonano le sirene. Sono le stesse che in tempo di guerra allertavano le città italiane in caso di bombardamento. Perché di questo si tratta, per Venezia. Risparmiata dalla storia, non dalla geografia. “All’acqua alta siamo abituati, a combattere contro la corrente no”, racconta Paolo Poggi, storico attaccante dell’Udinese, in esclusiva per GianlucaDiMarzio.com.

“La zona dove abito io, a Cannaregio, è più interna e quindi protetta dal vento”, spiega Poggi. “L’acqua è entrata nell’ingresso di casa mia, ma quelli che avevano bisogno di una mano erano altri. Quindi sono sceso con mio figlio: in momenti del genere in fondo non servi a niente, ma l’incoscienza ti dice di provare comunque a renderti utile. Tutto era quasi paradossale, imprevedibile. L’impeto dell’acqua nelle calli è qualcosa che mi ricorderò per sempre: sembrava di camminare in un fiume in piena, Via Garibaldi a Castello è l’esempio lampante".

“Ma la fotografia di queste situazioni, fortunatamente rare a Venezia, è la solidarietà successiva”. Sei ore cresce e sei ore cala, alla fine anche questa volta. L’alba schiarisce il disastro, si contano i danni. “Anche i privati hanno avuto problemi, ma la cosa più evidente sono i negozi, la merce galleggiante”. O perduta. C’è una libreria simbolo di nome ‘Acqua alta’, una gondola adibita a scaffale: immagine premonitrice, al mattino conta le pagine perse dei veneziani. “Fa male vedere tutte le attività commerciali combattere invano contro l’acqua”, l’amarezza di Poggi. È una rincorsa agli aiuti, 500 volontari puliscono le calli. Si attiva anche lo sport. “Oggi non servono parole, ma azioni concrete. Parlando con la società e i ragazzi, tutti erano e sono tuttora a disposizione se ci fosse bisogno di braccia. Poi bisogna gestire le operazioni in spazi ristretti, ci vuole attenzione. Ma la cosa più importante è far sapere che noi ci siamo”.

Sei ore cresce di nuovo, dritto al cuore: la Basilica di San Marco piange in un bagno di sale. “Le immagini della cripta allagata sono il simbolo di queste giornate, il pensiero di quale patrimonio artistico e culturale possa essere a rischio”. Per molti è il momento della rabbia, di un dramma collettivo che si poteva evitare (il Mose resta una chimera, corruzione più che mistero). Ma Paolo riesce comunque a intravedere una speranza nelle difficoltà. “Fa rabbia la disgrazia in sé, evitiamo però di cadere nelle banalità: non è il momento di puntare il dito contro qualcuno, ma di trovare la forza per ripartire. E mi viene da pensare che la risonanza riscontrata a livello globale possa almeno sensibilizzare i visitatori sulla fragilità di Venezia”.

tutte le notizie di

Potresti esserti perso