rubriche editoriali 2

La Luna nel Pozzo

Redazione

La Luna compie 50 anni dalla sua 'colonizzazione'. Ma oggi nella vita di tutti i giorni, così come nel calcio, anche a Udine, si è dimenticato che quell'impresa è nata da un sogno, diventato ambizione. Non da un solo e semplice 'progetto'

"Una sera una donna andò ad abbeverare l'asino al pozzo, col marito. 

La luna si specchiava nell'acqua tonda tonda. 

Ad un tratto una nuvola copri la luna che spari di colpo.

La moglie disse al marito, tutta stupita: 

Guarda, l'asino s'è bevuta la luna.

Allora il marito cominciò a picchiare la povera bestia gridando: - Su, svelto, vomita la luna che ti sei bevuta.

Intanto la nuvola che copriva la luna se ne andò e questa tornò a specchiarsi nell'acqua, 

E marito e moglie tornarono a casa contenti di aver fatto vomitare la luna all'asino.

(favola araba)

La Luna ha cinquant'anni. Un piccolo passo per un singolo uomo, ma un grande passo per l'umanità, disse Neil Armostrong il primo a mettere piede sul nostro satellite esattamente mezzo secolo fa. Sembra un'eternità, oggi molti di quelli che ascoltano queste celebrazioni non erano nemmeno nati. Per loro Marte è oggi l'obiettivo, per loro oggi è tutto quasi normale. I lanci, l'atterraggio su comete, sonde che indagano Plutone, lo sbarco dei rover su Marte. In cinquant'anni l'uomo ha fatto passi da gigante, ma forse ha imparato come insegnare e dimenticato come imparare scrisse Brian May in una delle sue canzoni più belle targate Queeen, '39'. Leggetevi il testo, capirete.

Un’umanità che allora sapeva sognare, perché senza sogni non ci può essere ambizione. L'ambizione pura, quella che ti fa dire che arrivare sulla Luna lo faremo "non perché è facile, ma perché è difficile" (JFK) si è trasformata in semplice progetto. Ha perso quella sfida che nasce dalla creatività, dal sogno di coloro che come diceva il grande Edgar Allan Poe riescono a sognare di giorno perché sono consapevoli di cose che sfuggono a chi sogna solo la notte.

Il calcio, la nostra materia e più specificatamente l'Udinese sembra aver perso proprio questa caratteristica: il saper sognare. Non costa nulla e crea un'ambizione naturale se abbinata a un progetto. Non ci può essere solo una caratteristica di queste senza che sia accompagnata dalle altre. I Pozzo hanno dato tanto e si sono presi tanto in termini sia economici sia d'immagine in questi 30 anni di presidenza. Ma appunto loro sono i proprietari, i custodi di un sogno. Perché nel calcio come nella scienza si deve avere ambizioni. Naturali, anche grandi se lo si desidera, basta che siano accompagnati da logica e raziocinio.

Invece, specie nell'ultimo lustro, si sta andando verso una semplice mercificazione del prodotto, a Udine come altrove. Il calcio, lo sport popolare, lo sport che fa sognare chi vive di sola grigia realtà, sta perdendo il suo fascino proprio perché attorno ci girano speculatori, tv, procuratori, non ingegneri del pallone che sappiano tradurre una semplice utopia in distopia e quindi in progetto.

L'Udinese se vuole rilanciarsi deve partire da qui. Da "siamo solo l'Udinese" a "siamo l'Udinese e nel nostro DNA c'è scritto che siamo anche considerati come un insetto, ma consapevoli che il nostro battito d'ali può creare un uragano dall'altra parte del mondo".

I tifosi vanno avanti per inerzia, i sette mila abbonati sono un buon traguardo, ma apparentemente fittizio tra tessere ultra scontate, promozioni e la solita innata voglia di esserci che va al di là della categoria o della squadra proposte.

La società non ha capito ancora questo sentimento popolare che serpeggia silenzioso tra bar e case dove si discute, si critica, ma anche si ama. E si sogna. Perché per molti è questo il segreto: avere un appiglio per poter dire che "sì, possiamo farcela", che i quaranta punti non sono l'obiettivo, ma un passaggio da raggiungere il prima possibile in una Route 66 che attraversi difficoltà e bellezza.

I giocatori di oggi li vediamo, sono cambiati. Anche loro che da bambini sognavano oggi sono stati triturati nel sistema, con avidi agenti che gli girano attorno, con la meritocrazia che sembra una parola antiquata, quasi inutilizzabile in un mondo dove si guarda al bilancio prima che alla naturale ambizione.

Questo calcio tra ipotesi di superleghe, tra campionati sempre più noiosi e spaccati in due tronconi, tra distacco tra giocatori, società e propri sostenitori (se non a parole), rischia il tracollo. Le tv stanno già perdendo abbonati a causa di indigesti spezzatini.

Pozzo Jr che a Udine ha preso le redini della squadra deve forse imparare a essere meno cinico nella valutazione dell'ambiente che ha scelto di gestire assieme a quello inglese del Watford, due situazioni agli antipodi. Scelga cosa fare, cosa puntare. Per adesso la sola svolta è stata l'arrivo, o meglio il ritorno dell'amatissimo Pierpaolo Marino che da solo non può cambiare il mondo (bianconero). Per farlo serve un team che sappia tirare fuori idee innovative come l'Udinese nel passato ha saputo fare, adeguarsi ai tempi, ma senza perdere la speranza di poter sognare in grande. Senza questa caratteristica si è comunque destinati alla mediocrità. In Friuli spesso si parla di pregio come l'avere i piedi per terra. Vero, basta che questi sappiano anche staccarsi dal suolo con la fantasia per guardare oltre.

Per adesso nessun giudizio prematuro, solo la constatazione che di nuovo se ne vede ancora poco, che la squadra sembra in fotocopia quella delle recenti angosciose stagioni. Manca tempo alla fine del mercato, valuteremo allora. Ma per adesso quello che vorremmo è qualche parola che vada al di là di sponsor, diritti tv, bilanci, plusvalenze, e il solito ritornello "non possiamo fare spese folli". Non sono queste che servono per sognare. Per farlo serve qualcuno che sappia dare la giusta motivazione a piedi buoni, ma ancora in erba. Per adesso mancano. Si parla di modulo come di rivoluzione, vero che può aiutare a migliorare, ma la qualità la danno gli interpreti e i dirigenti non vanno in campo, ricordiamocelo.

Sognare. Imparate a farlo ragazzi bianconeri della nuova generazione: perché solo così riuscirete a uscire da questa dimensione che qualcuno chiama limbo, qualcun altro semplice mediocrità o borghesia del pallone. Sappiate essere umili ma allo stesso tempo ambiziosi. La stagione che comincia non ha nulla di scritto, le pagine le dovrete riempire voi con imprese che fanno emozionare, non con parole noiose dette per contratto.

Non si arriverà forse subito sulla Luna, ma si possono gettare basi importanti per chi verrà. L'Apollo 11 ha dovuto aspettare dieci missioni, tra cui un paio tragiche, per farcela. L'Udinese deve ripartire da qui, per non essere una semplice Spa, che non sta per centro benessere ovviamente. Scappare dai dogmi non scritti per rimanere vivi e continuare a sognare. Perché nelle vostre mani, anzi nei vostri piedi si racchiudono le speranze e i sogni di migliaia di persone. Non scordatelo mai. Il mondo come aveva aggiunto nel '69 Buzz Aldrin "è così piccolo e fragile, si oscura con un dito da quassù" (la Luna), e questo mondo di oggi ha ancora più problemi di allora. Lasciamo almeno nello sport la naturale voglia di migliorare sé stessi per poter dare agli altri la possibilità di aggrapparsi a un sogno che va oltre la realtà.