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L’insegnamento di Sepulveda non raggiunge (ancora) i paperoni del calcio

Tiferemo ancora, certo. Ma tiferemo come Sepulveda chi ci rappresenterà, perché dopo questo mare di fango nulla sarà più come prima anche la forbice tra ricchi e persi diverrà ancora più ampia. Per questo riscoprire la nota di classe con il...

Redazione

Il calcio si chiede ancora se e come riprendere a giocare. Sarebbe be logico se ci fosse il tempo per riprendere prima il resto, ,ka vita, la quotidianità, metabolizzare i lutti e le paure. sarebbe logico se dopo il maremoto il calcio ripartisse, certo, ma in maniera più equa. Invece no: tutto come periamo, come se nulla fosse stato, tra idee bizzarre o addirittura ipocrite. Tutti vogliono finire campionati che, comunque finiscano, non hanno più nulla da dire. Nulla se non un gran fracasso per continuare ad avere soldi, l'unica cosa che conta, l'unico cosa che ha dimostrato che questo modello economico non è più sostenibile. Nella vita di tutti i giorni e nel pallone.

E oggi che il, virus si è portato via anche Luise Sepulveda, la sua idea di pallone risuona. "Non potrei mai tifare per il Bayern o il Real. Simpatizzavo per il Barcellona del mio amico Montalbán, per la storia antifranchista e repubblicana, ma quando ho scoperto che avevano assicurato le gambe di Ronaldinho... I soldi hanno invaso tutto. Ma Guardiola mi sta simpatico. Amo i club “poveri” come il Getafe o il Chievo, realtà miracolose. O l’Athletic, che vive del suo vivaio", aveva raccontato alla Gazzetta dove però ricorda anche che avrebbe voluto scrivere proprio di calcio. "Ora ho un progetto di romanzo breve, ci lavoro da un anno. La storia inizia con un rigore e un portiere che aspetta: non c’è solitudine più grande di quella del portiere. Il centravanti va sul dischetto e riconosce il portiere; erano anni che non s’incontravano, scopre che hanno un conto in sospeso. Di tipo politico, sociale, d’amore. E anche il portiere riconosce l’attaccante. Da lì penso di raccontare il passato dei due".

Già, il calcio come metafora sociale. Come simbolo (dal greco symobolon, pezzo mancante), che unisce che rappresenta  una società che vuole continuare a lottare, che rappresenta diritti e si rispecchia nella sua popolarità intesa come popolo, come emblema della continua lotta per emergere. I soldi e i contratti faron ici, le tv, da tempo non fanno più parte di questa idea. Si è detto da troppo tempo che chi la vedeva così era solo un idealista. Non è vero: il calcio non è cambiato, sono cambiati gli uomini, sei pre più avidi e sempre più voglioso di guadagnare una montagna di soldi alle spalle di altri. Per una società di serie A che oggi si lamenta ci sono cento società di dilettanti che lutano settimanalmente per sopravvivere e dove i giocatori si sacrificano tra casa,,lavoro e campo per divertirsi. Per ogni giocatore du serie A che guadagna milioni ci sono con to giocatori che masticano fango e polvere e non saranno mai considerati. E no  perché solo più scarsi, ma solo perché non sono finiti quel giro di procuratori che mangia un quarto dei bilanci delle squadre che oggi vorrebbero aiuti pubblici per andare avanti.

Tiferemo ancora, certo. Ma tiferemo come Sepulveda chi ci rappresenterà, perché dopo questo mare di fango nulla sarà più come prima anche la forbice tra ricchi e persi diverrà ancora più ampia. Per questo riscoprire la nota di classe con il calcio come emblema che ci rappresenti non è più idealismo, ma necessità.

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