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L’Udinese e la Fiorentina ai tempi del virus. Il seme della follia e la speranza

Don Paolo, parroco di Gorgonzola (e tifoso dell'Udinese da sempre), ha organizzato assieme ai sindaci interessati questo piccolo grande gesto per dimostrare la vicinanza e che le paure si possono affrontare. Ma serve sempre che tutti remino dalla...

Redazione

Una cosa è certamente peggio del virus Covid-19, ovvero quello della follia. Il suo seme non fatica a germogliare in un  terreno pieno di humus fatto di paure, disinformazione, pregiudizi, idee e anche tanta confusione generata da chi invece avrebbe dovuto tenere le idee chiare.

Tutto appare decisamente indecifrabile a chi non ha tutte le informazioni necessarie per giudicare quanto sta accadendo. Visto com'è, questo virus è solo un ceppo di quello influenzale. Più contagioso ma non letale se non  in pochissimi e rari casi. L'ospedalizzazione è necessaria solo per quelle persone che manifestano sintomi importanti a livello respiratorio, proprio come accade per le comuni influenze. Allora perché bloccare paesi, decretare stati d'emergenza, far chiudere attività ricreative e scuole? Per profilassi, ovvio. Ma perché allora per sette giorni e non per quattordici, il tempo si dice di incubazione. Ma così l'economia collerebbe: giusto, infatti serve tenere le redini proprio perché quanto accaduto si è visto cosa stia provocando a livello internazionale e anche nazionale, con le regioni cosiddette a rischio che sono guardate come terra da non toccare. Ad oggi tutte le informazioni a disposizione dicono che anche l'OMS  solo il 20 gennaio scorso ha però corretto i precedenti documenti in cui parlava di livello «moderato» elevandolo a rischio globale «elevato». Insomma l'allarme c'è e le misure prese in Italia sembrano rispecchiare questo allarme lanciato dall'Organizzazione Mondiale della Sanità. Seppur rara, la misura è stata adottata già altre cinque volte: per la pandemia di H1N1 (2009), per la polio (2014), per le due epidemie di ebola (2014 e 2019) e per quella provocata dal virus Zika (2016). La stessa misura non fu invece adottata nel 2013, in occasione della diffusione di un altro coronavirus, responsabile della Mers.

Poi quanto accaduto nel mese successivo sta un po' spiazzando i cittadini: se è davvero così pericoloso un giorno perché quello dopo si sminuisce, cosa nascondono? Insomma si sta facendo un gran caos anche a livello comunicativo.

Quello che rimane per ora, lo ribadiamo, è che il virus non deve allarmare. Semmai è quello delle sue conseguenze indirette a dover far riflettere. False notizie prese dai social network e diffuse, assalti ai supermercati, clima irreale in molte città dove basta un colpo di tosse per esser guardati malamente, diffidenza. E speculazione con prodotti che in taluni casi sono aumentati nel prezzo nel giro di poche ore (vedi i disinfettanti). In questo seme della follia poteva mancare il calcio? No, ovvio. Lo sport nazional popolare è forse l'unica arma di distrazione di massa che non dev'essere toccata.

Così in un contesto d'allarme è parso subito chiaro che lo sport si dovesse fermare o quanto meno giocare senza il pubblico per evitare rischiosi assembramenti specie nelle zone considerate maggiormente esposte. Un decreto condivisibile nato anche dalle richieste delle Regioni. Per cui le gare di Serie A è giusto farle giocare senza i tifosi, rimandarle rischierebbe di falsare il campionato che già di suo è uno spezzatino, anzi un macinato indigesto.

La decisione di disputare Udinese - Fiorentina in questo contesto è quindi l'epilogo necessario. Ma apriti cielo. "Noi personalmente siamo dell'idea di rimandare la partita a data da definirsi e quindi di non scendere in campo sabato", ha affermato il presidente Soldati a Fiorentina.it. L'Udinese starebbe spingendo per rimandare la gara a lunedì, quando il decreto di chiusura sarà scaduto (salvo sorprese in questo senso). Ha senso, ma non ha senso minacciare di non scendere in campo perché la squadra perderebbe a tavolino. Non ha senso minacciare visto che il calcio di Serie A ha già ricevuto la "grazia" di poter continuare, cosa non successa ad altre discipline. Ma non ha senso in tutto questo che la minaccia del virus, se così la possiamo chiamare, smetta di colpo da un giorno all'altro. E' questo che non torna. Un virus non ha scadenza ministeriale. Se il primo marzo è rischioso lo rimane anche il 2 e il 3. Altrimenti perché tutta questa precauzione? Confusione, ecco cosa si rischia. La risposta?

Arriva da Lodi, la zona rossa, con un piccolo grande gesto che forse va condiviso perché l'unica forma di difesa a tutto questo è la solidarietà.

Don Paolo, parroco di Gorgonzola (e tifoso dell'Udinese da sempre), ha organizzato assieme ai sindaci interessati questo piccolo grande gesto per dimostrare la vicinanza e che le paure si possono affrontare. Ma serve sempre che tutti remino dalla stessa parte, altrimenti la confusione rischia di far precipitare il tutto, ed è quello che visti i tempi temiamo di più.

 

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