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Quando Totò disse no alla Juve: la storia si ripete con Verdi?

BOLOGNA, ITALY - APRIL 30:  Simone Verdi # 9 of Bologna FC celebrates at the end of  the Serie A match between Bologna FC and Udinese Calcio at Stadio Renato Dall'Ara on April 30, 2017 in Bologna, Italy.  (Photo by Mario Carlini / Iguana Press/Getty Images)

Il no di Simone Verdi al Napoli riporta alla mente il più celebre rifiuto, nell'estate 2010, di Antonio Di Natale alla Vecchia Signora.

Redazione

Una scelta che l’ha premiato. Ricordate? Il grande rifiuto alla bella Signora, destinata, di lì a pochi anni, a prendersi tutto, almeno in Italia. Il no di Totò alla Juventus. Era caldo, il clima così come il mercato, quell’estate. Fine agosto 2010, e la voce di un addio del capitano era esplosa in piazza del Duomo a pochi minuti dalla presentazione ufficiale della squadra in città. Mugugni, interrogativi, qualche giorno poi la decisione: Antonio Di Natale sarebbe rimasto a Udine.

Ha fatto ormai storia, e non solo in Friuli, la vicenda “sliding doors” che ha portato il numero 10 bianconero a diventare il sesto marcatore nella storia della Serie A, la bandiera di un territorio, il simbolo di un club con cui ha lottato e raggiunto mitici traguardi. Utopia in quest’epoca alla mercé del dio denaro, tempi in cui un singolo calciatore viene pagato quanto il valore – se non più – di un’intera rosa. Storia appunto, e come tale appartenente al passato.

Accade, però, che la storia talvolta si ripeta. Cambian ragioni e valore del giocatore, eppure il curioso avvicendamento consumatosi sull’asse Bologna-Napoli nelle ultime settimane, protagonista l’ambito attaccante dei felsinei Simone Verdi, riesuma la nostalgia per un calcio strappato al business, un mondo dove è possibile dare il ben servito a una grande. Almeno per breve tempo.

Il numero 9 rossoblù, dopo le prime, lecite tentazioni partenopee, ha optato per rimanere nella città che l’ha fatto sentire a casa, quella Bologna dove è cresciuto e dalla quale, da azzurro – della Nazionale si intende – non vuole andarsene prima di aver concluso il suo percorso di maturazione calcistica.

Oltre poi ad esprimere gratitudine nei confronti dell’attuale società in cui milita, la recente rinuncia di Verdi alla ghiotta proposta del Napoli manifesta – contrariamente a quanto si possa pensare – la grande fiducia che il ragazzo ripone nei propri mezzi. Non abbracciando il progetto Sarri, infatti, il classe ’92 potrebbe essersi lasciato sfuggire l’occasione di una vita: prender parte alla lotta Scudetto e a una fase finale di Europa League. Il treno è quindi passato? Con un girone di ritorno all’altezza di quello d’andata, Verdi può star sicuro che altri convogli faranno sosta alla fermata di Bologna Centrale. Insomma, se il talento c’è e il giocatore è da big, l’occasione per dimostrarlo può presentarsi anche dalla prossima sessione di mercato.

Il ragionamento di Verdi, inoltre, potrebbe aver fatto leva sul timore di inserirsi in un gruppo già definito, dove gerarchie e meccanismi dentro e al di fuori del campo seguono gli sviluppi di un percorso studiato a tavolino nel corso della lunga campagna acquisti estiva. Il rischio anonimato in questi casi è grosso, specie se si considera quanto sia breve l’arco di tempo concesso al giocatore per prepararsi ad affrontare il resto della stagione tra i ranghi del nuovo gruppo.

Scelta dunque di cuore, ma in fondo anche ragionata. Che questa possa premiarlo o meno lo si vedrà da qui al suo proseguo di campionato al Dall’Ara. Per Di Natale, a tal proposito, l'esito non poté essere forse più radioso: il legame del giocatore e della sua famiglia con Udine e la sua gente fu ripagato, soltanto l’anno successivo, con il 100° gol in bianconero, il secondo titolo di capocannoniere consecutivo, il ritorno ai preliminari di Champions League con Guidolin. Niente male per uno che disse di no a una grande.

"Simone Narduzzi

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