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Cambiamo musica

L’Udinese si appresta ad affrontare in trasferta il Milan nella prima di sei partite che da qui all’inizio di gennaio diranno molto sul come potrebbe incanalarsi la stagione bianconera. Si è detto spesso che qui in Friuli pubblico e addetti...

Monica Valendino

L’Udinese si appresta ad affrontare in trasferta il Milan nella prima di sei partite che da qui all’inizio di gennaio diranno molto sul come potrebbe incanalarsi la stagione bianconera. Si è detto spesso che qui in Friuli pubblico e addetti ai lavori hanno una certa tendenza alla critica.  Chi scrive appartiene al partito di coloro i quali sostengono che le critiche possono essere utili se sono costruttive. Ovvero: non l’aperta contestazione fine a se stessa, che non porta da nessuna parte, ma una serena analisi di quanto si sta percependo in questo momento, al fine di invertire un trend che per i bianconeri, negli ultimi tempi non si puo’ definire del tutto positivo.

Il match interno contro l’Atalanta aveva segnato uno dei punti piu’ alti e belli dell’Udinese targata Stramaccioni, poi qualcosa si è inceppato e la squadra ha subìto una netta involuzione che ha portato a due pareggi e due sconfitte, con i due punti conquistati dopo un soffertissimo secondo tempo a Palermo e la partita interna contro il Chievo che ha mostrato piu’ ombre che luci, leggasi un difetto che è tornato ad affliggere le zebrette, ossia un’inenarrabile fatica ad arrrivare al tiro lungo tutto l’arco dei novanta di gioco, e la perdita di mordente dopo il pareggio clivense, quel mordente che pure aveva consentito di ribaltare situazioni temporaneamente negative come quelle della partita casalinga contro il Parma, oppure di tramutare in vittoria match come quelli contro Empoli e Napoli, che alla pausa vedevano il risultato fermo sullo 0-0 di partenza.

Al termine della sfida di domenica scorsa, la delusione per il risultato, ma evidentemente anche per la modesta cifra tecnica espressa, dev’essere stata tale che la maggior parte degli inviati nel dopo gara ha subito voluto catalizzare l’attenzione sull’altro evento di giornata vissuto ad Udine, ossia il raggiungimento di quota 200 gol in serie A da parte di capitan Di Natale. Era giusto celebrare questa leggenda vivente, questo monumento del calcio friulano, ma la rapidità con la quale si è esaurita l’analisi della partita per parlare quasi esclusivamente delle gesta del numero 10 bianconero è parso un affrettato e maldestro tentativo di nascondere la polvere sotto il tappeto. Un altro grande friulano della storia del calcio, il vecio Enzo Bearzot, era solito dire come una squadra capace di produrre buon calcio fosse assimilabile ad un’ orchestra jazz, dove attorno ad un bravissimo solista capace di elevarsi sugli altri, gli altri strumentisti devono intervenire nei tempi e nei modi giusti, per produrre musica veramente gradevole alle orecchie degli ascoltatori.

Il direttore d’orchestra Andrea Stramaccioni pare essere diventato indeciso sullo spartito da far eseguire alla sua band: l’orchestra jazz bianconera ha fatto proprio uno dei canoni della musica nata a New Orleans, l’improvvisazione. Per concludere il discorso, si ha davvero la sensazione che, all’interno del complesso bianconero, in questo momento tutti quanti voglion fare jazz: il risultato, nelle ultime uscite, è stato però di bassa qualità. E alla Scala del calcio, ospite di un Milan che ha già capito di dover far suo l’incontro al cospetto dell’Udinese, si spera che Stramaccioni indossi gli eleganti panni di un Toscanini piuttosto che di un Riccardo Muti, e che l’orchestra intoni come per magia una un’aria sontuosa o una marcia trionfale. Iniziare questo ciclo di ferro con una “stecca” peggiorerebbe la situazione psicologica di un gruppo che nelle ultime settimane è parso farsi travolgere da una perdita di autostima lenta ma costante e pericolosa. Si accennava in precedenza al risalto, tanto meritato quant o volutamente marcato, dato all’impresa coronata da Totò, che è servita a mitigare delusione e mugugni dopo l’1-1 imposto dall’undici di Rolando Maran.

A Milano, la maniera per far passare la settimana dando un po’ di colore al di là degli eventi sportivi, in particolare dopo il deludente 1-1 del derby, ha toccato corde diverse virando sul gossip, sulla presunta liaison, subito smentita dagli interessati, tra mister Pippo Inzaghi e Barbara Berlusconi. Segno che, se in casa Milan si trova spazio e modo di parlare di questo, lo si fa perchè da un punto di vista strettamente calcistico il Diavolo non attira attorno a se le attenzioni di un tempo. In casa rossonera è però opinione generale che sia ora di ritornare al successo, per non fare cadere ancor piu’ nell’anonimato questa stagione iniziata sotto ben altri auspici. Filippo Inzaghi rimarrà fedele al credo del 4-3-3 schierando, di fronte al portiere spagnolo Diego Lopez, Adil Rami, Philippe Mexes, l’ex Christian Zapata e Mattia De Sciglio in difesa, l’olandese Marco van Ginkel, l’esperto ghanese Michael Essien e Giacomo Bonaventura in mezzo, a chiudere il tridente avanzato formato da Keisuke Honda, Jeremy Menez e lo storico spauracchio della retroguardia friulana, Stephan El Shaarhawy.

L’Udinese, dalla cintola in su, torna in qualche modo al passato. La difesa sarà una riproposizione di quanto visto contro il Chievo, con Ivan Piris messo sulla corsia di destra vista l’indisponibilità di Widmer, Heurtaux e Danilo centrali con Maurizio Domizzi esterno basso di sinistra. E’ appunto in mezzo che si registrerà un ritorno al passato, con Allan e Badu confermati ma con Guillherme riportato al ruolo di cervello del centrocampo. Panagiotis Kone, scontato il turno di squalifica, sarà il trequartista dietro le punte Totò Di Natale e Cyril Thereau.

I componenti di un’orchestra bianconera rimasta pressochè invariata nella sua formazione rispetto all’inizio di campionato, dovrà seguire il maestro Stramaccioni, altrimenti tifosi e addetti ai lavori dovranno prendere atto che Andrea si è perso, e non sa tornare sulla retta via imboccata ad inizio campionato, e ci sarà il rimpianto di dover pensare che, a livello di risultato, Era già tutto previsto: non già per la forza dell’avversario o per la presenza di un arbitro dalla tradizione avversa per i bianconeri come il romano Valeri, ma esclusivamente per demeriti propri.

"Sergio Salvaro

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