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Friulani e Nazionale: una storia interrotta. Per ora

Quando riparte la Nazionale, il campionato si ferma, ovvio. Una volta, però, l’Italia intera si fermava quando in campo scendevano gli azzurri, magari dopo aver borbottato per settimane intere al bar per le scelte del ct, ma alla fine tutto...

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Quando riparte la Nazionale, il campionato si ferma, ovvio. Una volta, però, l'Italia intera si fermava quando in campo scendevano gli azzurri, magari dopo aver borbottato per settimane intere al bar per le scelte del ct, ma alla fine tutto si fermava perché "si zûe a balôn". Oggi, dopo due eliminazioni consecutive ai gironi negli ultimi Mondiali, tutto questo entusiasmo non c'è e, in una parte d'Italia, ci si sente ben poco rappresentati tra quei giocatori: la nostra, il Friuli Venezia Giulia.

Gloriosi anni '30, si definiscono quelli quando la nostra Nazionale vinse tutto a livello mondiale. Certo, tra fascismo e altro ancora oggi bisogna voltarsi dall'altra parte per glorificare veramente quei trofei, con il direttore di gara svedese che la sera prima della finale di Roma 1934 cenava beato con il Duce. Altri tempi, polemiche sempre che scottano ma che adesso servono a poco. Perché il punto centrale di quei anni era la provenienza dei calciatori, e tanti erano proprio friulani.

Già, il rapporto tra la nostra regione e la formazione azzurra ha radici "antiche", dando vita a un legame che è continuato fino ai grandi Zoff, Collovati, gente che ha fatto la storia a Spagna '82. Passando prima, ovviamente, per certi personaggi come Bearzot e Nereo Rocco, gente nata in una provincia rude e ai confini del mondo. Destinata alla fine a salirci in cima, trionfante, con la Coppa che tutti sognano di stringere.

E oggi...oggi, se va bene, gli azzurri giocano al Friuli una volta all'anno e poi "vonde". L'ultimo pezzo di penisola a est non lo si vede più tra i grandi, se fosse per qualcuno nemmeno l'Udinese giocherebbe sui campi della Serie A, ma le colpe non vanno ricercate nei massimi sistemi del calcio mondiale: sono tutte di chi ha smesso di scommettere sui giovani, offrendogli armi e bagagli per giocare nelle categorie minori in giro per il Paese. Pochi progetti veri, tanti acquisti fatti dall'estero e poi si parla se far giocare gli oriundi in Nazionale o no...

Tra tutti, si salvano sicuramente i pochi che sono riusciti a emergere. Giovani come Scuffett, Fabbri, Crisetigh, che hanno trovato respiro (seppur breve) in prima squadra nel massimo campionato. Ma se solo il portiere di Remanzacco è rimasto a Udine, è anche vero che gli altri sono stati ben poco trattenuti: quando ti arriva a casa l'Inter o il Milan, solo un pazzo rifiuta. Quindi il discorso è a monte: cosa si fa per migliorare il calcio friulano, già dai vivai?

Tavecchio aveva sfruttato le politiche legate ai settori giovanili fin dall'inizio, ma ancora si vede poco. L'Udinese ha sempre puntato tanto su questo fronte, ilfutuo si chiama Pontisso, Coppolaro, Perisan, ma anche altri sono in rampa. Il percorso da intraprendere è lungo, ma i primi frutti si fanno già vedere. Un giorno si tornerà a vedere in Nazionale anche qualche "nostro" ragazzo, sognando di rivivere quei gloriosi anni '30 (calcisticamente parlando).

©Mu

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