rubriche

De Biasi: I ritiri non servono. Nel calcio comandano i giocatori

I ritiri non servono a nulla in un calcio dove a comandare sono i giocatori: parola di Gianni De Biasi che racconta il suo calcio dove tutti devono mettersi al servizio dell'altro. Un modello realizzato alla perfezione in Albania dove ha...

Monica Valendino

Il cellulare di Gianni De Biasi squilla. Una voce come al solito calma e gentile risponde: il ct dell'Albania è in viaggio, in treno verso Milano, ma mentalmente già verso Parigi.

Domenica il tecnico di Conegliano era al 'Friuli' per vedere Udinese-Juventus: una gara che non ha dato molte indicazioni visto che per la squadra di Allegri è stato solo un allenamento causa manifesta inferiorità dei friulani. "Era la prima volta che vedevo l'Udinese - ci racconta -, per cui non posso dare giudizi. La gara con la Juve è difficile per tutti, la squadra di Allegri ha equilibri che a inizio stagione non aveva. Il gol preso sulla punizione aveva già tagliato le gambe alla squadra di Colantuono, poi il secondo gol ha chiuso i giochi credo".

Vero, ma a Udine la prestazione non è piaciuta al di là della forza della Juve, tanto che Paròn Pozzo ha mandato tutti in ritiro. Vecchio metodo tipicamente italiano quello della punizione tenendo tutti in albergo. "Non credo che i ritiri servano: il discorso è diverso, serve una impostazione del gruppo che dev'essere lasciata solo all'allenatore senza interferenze. Se l'allenatore decide il ritiro bene, altrimenti si delegittima il lavoro del tecnico. Il ritiro che finalità ha? Ritrovare il gruppo? O ha la possibilità di acuire certi contrasti? Io credo che visto che siamo in periodo di mercato sia meglio tagliare qualche testa per dare un segnale a tutti. Ovviamente parlo in generale, in Italia va così".

Come dire che alla fine sono i giocatori che vanno in campo, per cui sono loro a dover rispondere, ma ancora peggio sono loro a comandare. "E' così. Sono sempre loro che dettano legge, questo è il tragico. Quando i giocatori non capiscono che devono dare il 110 per cento allora diventa difficile per chiunque. O gli si dice di levare le tende, o diventa difficile gestirli. Uno deve avere la mano libera di decidere, ma le mani sono spesso legate. I giocatori hanno contratti lunghi, procuratori invadenti, in Italia non è facile gestirli".

Si capisce che il calcio italiano così com'è non è che gli piaccia moltissimo. Molto meglio in Albania, dove ha compiuto un'impresa storica portando la Nazionale dell'altra parte dell'Adriatico a qualificarsi per la prima volta a un Europeo.  "In Albania è tutta un'altra cosa: a livello di Nazionale c'è un gruppo che è stato selezionato su base tecnica certamente, ma soprattutto caratteriale. Io voglio gente che giochi l'uno per l'altro. Questa è la chiave del calcio, è semplice: se non hai gente che si sacrifica per la squadra, per il bene comune, tutto diventa difficilissimo. Dal mio punto di vista il calcio necessita di giocatori tutti allineati sulla stessa voglia di fare. C'è un piano strategico, si parte da un'idea di gioco per arrivare alla fine".

Intanto anche l'Italia sta scoprendo i giocatori albanesi.  "Credo che più di qualcuno sia pronto a giocare in  Serie A, uno è arrivato adesso all'Atalanta, Djimsiti, difensore centrale che può giocare anche come esterno. L'ho fatto debuttare con la Danimarca in Nazionale".

Ma dove potrà arrivare questa Albania all'Europeo? Potrà diventare la nuova Danimarca, che nel 1992 sbancò i pronostici laureandosi campione? "La cosa bella è che non abbiamo nessun peso del pronostico da rispettare, sarà una festa. Intanto pensiamo alla Svizzera, poi via con la Francia, quindi la Romania.  I miracoli, però, succedono una sola volta e io dovei pregare di più mi sa!  A parte gli scherzi, la Francia è fortissima, ma non vorrei che il peso di giocare in casa possa tirargli  un brutto scherzo. Credo che la Germania sia ancora la favorita, sono curioso di vedere il Belgio, poi vediamo anche l'Italia. Non è la più forte, ma il lavoro di Conte verrà fuori".

Da Euro 2016 alla Serie A, dove un padrone ancora non sembra esserci: "Sarà una lotta tra Juve e Napoli e poco altro, forse l'Inter. Diciamo che il nostro non è il calcio più spettacolare al mondo, meglio il campionato inglese. A proposito: Guidolin può tornare a  fare l'allenatore nel verso senso della parola. Come piace a lui e come dovrebbe essere: un manager. Io ho scelto di fare il ct perché potevo scegliere chi volevo senza digerire situazioni particolari".

La lunga chiacchierata si chiude così. Buon viaggio mister, il sogno è appena cominciato.

[fnc_embed]<iframe framespacing='0' frameborder='no' scrolling='no' src='http://video.gazzetta.it/video-embed/9072c8c2-7bcd-11e5-a110-f03a891605cc' width='540' height='340'></iframe>[/fnc_embed]

 

tutte le notizie di

Potresti esserti perso